Le bugie
Solo verso i 6-7 anni si acquisisce consapevolezza della verità e della menzogna. Le bugie non servono solo ad evitare le punizioni ma soprattutto ad allontanare la parte “cattiva” del bambino, in altre parole quella che fa danni, porta a casa brutti voti, o che non piace ai genitori.
E’ quando il bambino è troppo bugiardo, costruendo un mondo suo e trasformando continuamente la realtà che diventa un disagio e segnale di malessere. Di solito le bugie rivelano una forte insicurezza e un profondo senso di paura; come quella di un genitore troppo esigente o intransigente, con attese troppo elevate.
Come aiutarlo?
Favorendo una sufficiente fiducia in se stesso e negli altri per non temere eccessivamente il riuscire a riconoscere i propri sbagli ed assumersi la sua parte di responsabilità. Non basta accusarlo. E’ necessario capire il perché. Con un atteggiamento accogliente e non solo giudicante. A maggior ragione se si vuole incoraggiare l’abitudine alla verità.
Il furto
Il furto rappresenta il 70% dei reati compiuti nell’infanzia e adolescenza. Solo da quando è in grado di distinguere il “mio” dal “non mio” e si appropria di qualcosa possiamo dire che ruba. All’inizio è percepito come legittima appropriazione di qualcosa che sente mancargli. E’ come se comunichi un certo disagio. Di solito ciò di cui ha bisogno è l’affetto e l’amore dei suoi genitori. Non a caso nella storia di molti bambini che rubano vi sono situazioni di deprivazione affettiva, trascuratezza o eventi traumatici come separazioni o allontanamenti dalla famiglia.
Come aiutarlo?
Se rientriamo negli esempi infantili di cui sopra, non è reagendo in maniera eccessivamente severa o esageratamente tollerante, che si andrebbe a soddisfare i bisogni citati. L’ascolto attivo che accoglie il fatto lascia spazio alle sue parole e aiuta la sincera responsabilizzazione da parte del figlio. Dietro ogni disagio, anche se malamente espresso si nasconde l’opportunità di una migliore maturazione del figlio e relazione più soddisfacente con noi.
I disturbi alimentari
L’alimentazione ha una grande valenza simbolica: le dinamiche che si attivano tra bambino e figure di accudimento al momento del pasto lasciano filtrare sentimenti, emozioni e credenze reciproche che creano i modelli mentali del bambino. Che sia un desiderio smodato di cibo o il rifiuto totale per esso, il rapporto insano con la fame sfocia in una relazione altrettanto deviata con se stessi – e spesso con i genitori. Il più preoccupante tra i disturbi alimentari nell’età evolutiva è la tendenza anoressica.
E’ opportuno distinguere sempre le fobie alimentari dal disinteresse per il cibo. Spesso l’anoressia serve a coprire uno stato depressivo e si presenta non solo come condotta di rifiuto per il cibo ma come vero e proprio attacco all’appetito e alla fame. In alcuni casi per contrapposizione a un modello genitoriale subìto. lo scambio in essere nell’atto alimentare è il terreno dove l’adulto gioca il controllo e il potere a scapito del riconoscimento dei bisogni del figlio. Il rifiuto del cibo è spesso il rifiuto di questo controllo.
Gli interessi per la forma fisica non giustificano la messa in atto di comportamenti dannosi per la salute come il vomito autoindotto o l’assunzione di lassatvi o diuretici per scopi diversi da quelli per cui questi farmaci sono indicati, in un improprio tentativo di dimagrire oltreche fallimentare nel lungo termine. Questi comportamenti, quando diventano abitudini, si sottraggono al tentativo educativo basato solo sul buon senso. A questo punto se ciò non basta, occorre veramente un ascolto specialistico prima di peggiori conseguenze non solo fisiche ma anche emotive. Sono sempre più frequenti invece gli eccessi di cibo anche abitudinari fino all’obesità infantile o tendenze bulimiche. Un barattolo di cioccolata che sparisce non significa automaticamente avere un figlio ammalato di bulimia nervosa, ma la combinazione di alcuni comportamenti (tracce di cibi nascosti, andare in bagno subito dopo ogni pasto, l’ossessione per il calcolo delle calorie, significative e ripetute oscillazioni del peso corporeo) possono senz’altro essere sufficienti per intervenire.
Come aiutarlo?
I problemi alimentari sono fra i più difficili da gestire per le valenze affettive che portano con sé ma fin dove il genitore può, deve fare qualcosa. Anche le naturali predisposizioni di temperamento del bambino possono avere un ruolo nella creazione di problematiche alimentari, ma è compito dell’adulto assumersi la responsabilità di capire cosa succede e perchè modificare i comportamenti del figlio, o i propri, per risolvere positivamente la situazione. In parole povere non svigniamocela con uno sbrigativo “E’ nato così, non posso farci niente…” Se l’intervento del genitore non basta vi sono professionisti da consultare prima che le abitudini si cronicizzino.
In poche righe mi limiterei a suggerire due cose: - Evitare gli eccessi in noi: alcuni adulti possono ignorare spesso i segnali di richiesta del cibo, altri possono vivere con molteplici forme d’ansia tutto ciò che riguarda il cibo che può addirittura diventare l’unico canale di comunicazione affettiva o di controllo/potere.
E’ chiaro che qui è la relazione la vera causa. - i frequenti problemi di sovrappeso spesso riguardano abitudini nocivi di più famigliari. Inevitabile è l’apprendimento da parte dei figli. Che fare? Se è così cominciamo a prenderci seriamente cura delle nostre abitudini alimentari e dare l’esempio.
Evitando possibilmente di nasconderci dietro comode interpretazioni di rare cause genetiche che annullano ogni responsabilizzazione a stili alimentari più salutari non solo di ciò che si mangia, ma soprattutto di come si mangia.
Fra gli altri disagi non trattati nella brevità di questi contributi ma che è importante tenere sotto controllo, vi sono: succhiarsi il dito, balbettare, la pipì a letto, le difficoltà scolastiche, l'ansia per i fallimenti, l'ansia per la propria immagine, difficoltà nella lettura, il bullismo.
Gianpiero Rossi
c/o Studio di Medicina Clinica via Pasubio 6, Lumezzane. 030.826409