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11 Febbraio 2013, 09.00

I racconti del lunedì

Dieci giorni nella terra delle aquile - sei

di Ezio Gamberini
Sesta puntata, lunedì 17 agosto. L'intenzione era quella di iniziare il viaggio alle otto, ma ieri abbiamo deciso di posticipare la partenza per Saranda di un'ora...

Dopo aver fatto colazione, carichiamo le valigie sul pullman da diciotto posti prenotato per tempo.
Dall’esterno il piccolo autobus Mercedes promette bene, è abbastanza moderno, ma soprattutto soddisfa la nostra principale richiesta, al momento di noleggiarlo: che possedesse, cioè, l’aria condizionata. Tutto è pronto, ognuno è al suo posto, possiamo partire.
“Su, manda un po’ di aria fresca anche dietro!”, dice qualcuno ad Ezio che sta seduto accanto all’autista.
Comincia ad armeggiare leve e pulsanti, anche Genti tenta di dargli una mano, ma non si cava un ragno dal buco. Il caldo sta diventando insopportabile, apriamo i finestrini, ma anche fuori l’aria è caldissima. Alla fine l’autista lo ammette: l’aria condizionata non funziona, l’impianto si è rotto e deve essere riparato. Sarà un viaggio terrificante!

Verso l’ora di pranzo, appena attraversata Valona, ci fermiamo in un ristorante che dalla collina offre un incantevole panorama sul litorale adriatico.
Ci rimpinziamo di pesce: insalata di mare, davvero freschissima e gustosa, e fritti misti, orate e branzini, birra ed un ottimo vinello bianco. Riprendiamo il viaggio.
Beati quelli che sul pullman riescono a riposare: detentrice del record è Chiara; ogni volta che mi giro è tranquillamente assopita (ma anche Luisa non scherza!).
Cominciano le salite, più tardi faremo una sosta sul monte più alto dal quale si potrà godere una vista stupenda del mare. Il passo è a mille metri di quota e quando scendiamo dal pullman veniamo “aggrediti” da un vento fortissimo.
Allargo braccia e gambe e mentre rimiro estasiato il mare che è lì sotto (sembra di toccarlo, ma è un chilometro più in basso!), il sudore che bagnava i vestiti si asciuga in un attimo: che refrigerio! Non possiamo fermarci quassù un’oretta?

Dobbiamo invece ripartire e saranno salite e discese per chilometri e chilometri, strade con precipizi che, a me che soffro di vertigini, vi raccomando, fino a quando, finalmente, raggiungiamo Saranda, soprannominata la “Montecarlo d’Albania”.
La conformazione urbanistica è simile alla capitale monegasca, con innumerevoli hotel ed abitazioni che sormontano su più livelli, fino alla sommità della collina, l’ampio golfo.
A pochi chilometri, enorme, ad occupare quasi tutto l’orizzonte, si staglia l’isola greca di Corfù.
Il nostro albergo è proprio in centro, di fronte ad un porticciolo, e ne porta il nome, Hotel Porto Eda, in ricordo di Edda Ciano, la figlia di Mussolini.

Dopo aver scaricato le valigie e preso possesso delle nostre camere, davvero stupende, igiene impeccabile, vista incantevole sul mare, aria condizionata, frigo, fissiamo l’appuntamento nella hall. 
Il piccolo Paolo dopo essersi fatto tradurre il cartello che informava: “Mattino: colazione dalle sette alle nove”, tra il compiaciuto ed il preoccupato, osserva, “Ma non è un po’ tanto?”...

Ceniamo in pizzeria, poi passeggiamo sul lungomare che per circa un chilometro, compreso il nostro hotel, dalle sette di sera alle sette di mattina è esclusivamente pedonale.
Qui sono racchiuse le principali attività commerciali, ristoranti, bar, negozi di ogni genere, la gente scorre a fiumi e sembra proprio di essere a Rimini!
Da un piccolo particolare capisco che i turisti, per la maggior parte, non sono stranieri; Grazia ed io entriamo in un negozio e scegliamo due cartoline, ci avviciniamo al proprietario per pagarle, ma ci ha già “inquadrato”: “Italiani, amici, regalo, regalo!”.

Ritengo che difficilmente i greci vengano a Saranda per fare le ferie, sia per motivi logici (in Grecia c’è un mare stupendo), sia per ragioni “psicologiche” (che possono essere valide anche per gli italiani: “Ma come, andiamo a far le ferie in ‘Albania’?”).
Per noi italiani del nord, raggiungere questa meta non è agevole: aeroporto di Tirana e poi un lungo viaggio verso sud, oppure un traghetto da Ancona o Bari con attracco a Valona.
Credo che neppure il basso costo di vitto e alloggio giustifichi ciò (la nostra camera costa cinquanta euro, venticinque a testa, prima colazione compresa, e pranzare in un ristorante al massimo sette o otto euro).
Pertanto ritengo che la stragrande maggioranza di turisti sia rappresentata da albanesi davvero benestanti, giacché gli stipendi medi oscillano tra i centocinquanta ed i duecento euro il mese, oppure da albanesi che lavorano all’estero e ritornano in patria per le proprie vacanze.

Genti e Michele, Luisa e Chiara hanno ancora la forza di fare due passi, mentre noi andiamo a letto perchè siamo sfiniti!


Tratto dal volume “Ai cinquanta ci sono arrivato” – Ed. Liberedizioni
 
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