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14 Gennaio 2013, 09.30

I racconti del lunedì

Dieci giorni nella terra delle aquile - due

di Ezio Gamberini
Seconda puntata - Giovedì 13 agosto. Dopo la colazione, e la consueta dose mattutina di partite a pincanello con Paolo, si parte per lo "shopping" alla vicina città di Burrel

Per prima cosa ci sediamo ad un bar e Genti, che compie oggi venticinque anni, vuole assolutamente offrire la consumazione.
Una cosa che ci stupisce è il gran numero di matrimoni che si celebrano in città. In pochi minuti ne incontreremo almeno cinque o sei, con uno sfarzo davvero inusuale, almeno secondo il nostro costume: macchine lussuosissime ospitano gli sposi che salutano festanti, preceduti da operatori che con telecamere riprendono le scene; ma come, oggi è giovedì!
Chiediamo spiegazioni: qui in Albania il matrimonio è forse la festa più importante in assoluto, e dura parecchi giorni.
E’ l’occasione in cui le famiglie si ritrovano, ed in questo paese le parentele sono vissute molto più intensamente che in occidente; un cugino è come un fratello, zii e nonni sono papà e mamme “aggiunti”.
Per le famiglie sposare un figlio è di solito un punto d’arrivo che è stato preparato mesi, e forse anni, e rappresenta quindi l’apoteosi.

Gironzoliamo per la città, visitiamo alcuni mercati, che si suddividono sostanzialmente in due fasce: quelli “normali” e quelli invece denominati “per i poveri”.
In questi ultimi ci si può imbattere, ad esempio, in enormi montagne costituite da centinaia di paia di scarpe usate, con vari stadi d’usura, oppure trovi un’anziana seduta in terra ed ai suoi piedi, legate come salami, due galline vive che muovono solo gli occhi.
In un gran capannone coperto ci sono poi dei banchi fissi dietro ai quali i contadini offrono i loro prodotti: sacchi di patate, rape, cipolle, peperoni, tabacco, mele che nei nostri mercati occidentali, probabilmente, non sarebbero neppure esposte, perchè non le comprerebbe nessuno; sui nostri banchi siamo abituati a vederle “lucide”, ma dubito che il sapore di queste mele mezze “bacate” sia meno gustoso, anzi!
 
Tipici sono anche dei banchettini con annesso barbecue, presenti in ogni angolo, su cui sono arrostite le pannocchie di mais, davvero gustose.
“Caratteristiche”, per usare un eufemismo, sono poi le “macellerie”: si tratta di box o garage con degli “attaccapanni” dai quali penzolano pezzi di carne sanguinolenta che sono tagliati su banconi di fortuna.
Ricordo sette anni fa, ai sobborghi di Tirana, file e file di bancarelle sulle quali era esposta la carne appena macellata, penzolante da ganci improvvisati, tra la polvere della strada piena di buche.
Siamo ripassati ora tra questi luoghi, e fortunatamente ora le strade sono asfaltate e le carni esposte in negozi con belle vetrine.  Inoltre non si tratta più di sobborghi, ma in sostanza fanno ormai parte del tessuto urbano cittadino.

Dopo aver girovagato per la città ci rechiamo a trovare le suore Dorotee che abitano una casetta in un quartiere popolare.
Suor Anna, suor Chiara e suor Giusi ci accolgono festosamente, saranno con noi stasera in missione e ceneremo insieme.

Il riposino che segue il pranzo ci voleva proprio.
Ora visiteremo i dintorni, cominciando dal ponte di legno sospeso sul fiume, ai piedi del colle.
La chiesa e la casa, sede della missione affidata ai tre sacerdoti, sono poste sulla cima di una collinetta che domina la vallata attraversata dal fiume, ampia ed estesa, con il distributore ed i bar a cinquecento metri e all’altro lato della strada la grande scuola. Non esiste un agglomerato di case, ma queste sono sparse e distese su un'enorme superficie.
Questa è un po’ la caratteristica di tutta l’Albania. Anche in Mirdita, a Fan Klos nel 2002, ci chiedevamo come potesse essere riempita una scuola da quattrocento alunni, sperduta in montagna, senza un centro abitato visibile; le case sono sparse e come rivoli che riempiono un fiume, così i bambini si fanno anche due ore a piedi e “confluiscono” nell’edificio scolastico (non dimentichiamo che in Albania la natalità è altissima, ed in ogni casa non ci sono meno di tre o quattro bambini).

Quando si tratta di attraversare il ponte, mi viene quasi un colpo (soffro di vertigini!), ma il piccolo Paolo è già partito, così gli appoggio le mani sulle spalle e procediamo lentissimamente.
Ogni tanto si apre qualche squarcio dal quale s’intravede il fiume, qualche metro più in basso: sembra di essere in un film d’Indiana Jones!
Arriviamo in fondo, ed intanto che siamo carichi d’adrenalina ripartiamo subito per tornare indietro; quando posiamo i piedi sull’asfalto tiro un sospiro di sollievo!

Poco distante si trovano le due serre della missione, gestite da un’originale famiglia composta, in ordine cronologico, dalla suocera, la mamma, il papà lavora in Grecia, sei figlie femmine ed il figlio più piccolo, Mario, che in onore di un nostro amico, la cui identità deve restare riservata, al quale abbiamo affibbiato lo stesso nomignolo, ribattezziamo immediatamente “Mario ‘l mœt” (Mario il muto).
Credo che mai soprannome sia stato più azzeccato: voglio vederti, con otto femmine in casa, riuscire a prendere la parola!
Ci accolgono festosamente e, dopo aver visitato le serre, preparano due tavole con una tovaglia bianca, mentre per i ragazzi, coperte e cuscini nel prato, alla foggia orientale, e ci offrono dolci e bevande.
Al momento del congedo si mettono in fila, davanti all’uscita, così pare di essere ad una partita di calcio in cui le due squadre si scambiano i saluti.

Saliamo su macchine e furgoni e partiamo per visitare i villaggi nei dintorni, fino a Kurdari.
Le vallate e l’altopiano soprastante sono di una pregevole bellezza, con le abitazioni sparse e quasi tutte col proprio orticello, ma ciò che stupisce è l’abbondanza di acqua: ve n’è ovunque!
Visitiamo un caratteristico mulino utilizzato per macinare il grano, alimentato da un corso d’acqua che, se opportunamente convogliata, sarebbe in grado di produrre centinaia di migliaia di KW/ore l’anno, asserisce Serafino, per deformazione professionale entusiasticamente interessato al fenomeno.

Torniamo dopo qualche ora alla missione con le ossa un po’ rotte (le strade ovviamente non sono asfaltate ma piene di buche e “scannafossi”) e don Gianfranco, don Marco e don Roberto celebrano una messa, alla quale tutti partecipiamo, comprese suor Anna, suor Chiara e suor Giusi che si fermeranno con noi a cena.
Hanno preparato due torte per festeggiare Genti ed Ezio che, ieri e oggi, hanno compiuto gli anni e la serata proseguirà tra canti d’ogni genere, fino a tarda ora.

Poi finalmente a letto, perchè domani ci aspettano Ulz e Baz.


Tratto dal volume “Ai cinquanta ci sono arrivato” – Ed. Liberedizioni
 
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