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28 Febbraio 2012, 11.00

I racconti del lunedì

Tapascio Bombatus - Quattordicesima puntata

di Ezio Gamberini
Non c’è nulla di più appagante che stare sul divano a leggere il giornale, magari con le gambe stese, dopo un duro allenamento...

Mi scappa l’occhio su uno strano titolo, nella cronaca della provincia:  “Grave donna investita da scooter”.
Che scalogna. Era già grave ed è pure stata investita!
Ho le gambe rotte. Quindici giorni dopo Atene, a due settimane dalla Milano Marathon numero zero, ho voluto fare almeno un lungo. Il fiume è straripato e faceva davvero paura dopo aver invaso completamente la carreggiata; impossibile continuare verso la montagna. Ho fatto dietro-front, imboccando la strada che conduce al lago. Venti chilometri, più cinque al ritorno in pista. Due ore e venti di fatica immane con gli ultimi due chilometri corsi trascinandomi le gambe.
Mentre il giornale mi copre il viso e mi sto abbioccando, uno spiritello maligno comincia a stuzzicarmi: “Se tu prendessi ‘qualcosa’ staresti molto meglio: prestazioni formidabili in gara, recuperi strepitosi, niente più mal di gambe o muscoli indolenziti….. pensaci………” .
“Nooo !….”, urlo ridestandomi improvvisamente…..
Grazia entra in sala trafelata: “Come no? Sei impazzito? E’ la seconda volta che ti chiedo se stasera vuoi pennette al ragù…. Ahhh, ti eri addormentato, eh? Hai degli incubi?”.

L’ho promesso solennemente: niente sostanze strane. Credo anzi di essere fin troppo esagerato nel considerare sconveniente ciò che invece è da tutti riconosciuto come innocuo, se non indispensabile, o comunque tutt’altro che illecito.
Premetto di non essere un profondo conoscitore dell’argomento, ma credo di aver capito cosa si intende quando si discute di “confini” oltre i quali si può tranquillamente parlare di doping: integratori, creatina, carnitina, amminoacidi ramificati sono sostanze considerate universalmente lecite, mentre steroidi anabolizzanti, ormoni, la pratica dell’emotrasfusione, oltre a stimolanti quali cocaina ed anfetamine o narcotici quali morfina ed eroina, rientrano nell’ambito del doping.
 
Io ho un’altra teoria: consideriamo, ad esempio, che qualche grammo di carnitina procura benefici simili a quelli che si ottengono mangiando una decina di bistecche e l’assunzione sistematica di qualche pasticca di creatina influisce in maniera determinante sulla potenza muscolare; tutto ciò forse può non essere reputato doping, ma è a dir poco scorretto il vantaggio di chi vi ricorre rispetto a chi non si rimpinza di simili sostanze.
Mi si potrebbe dire: “Con queste premesse, allora, anche sorseggiare semplici reintegratori salini o, come fai anche tu, assumere potassio, sodio, magnesio è da considerare  illecito.”
So di avere il fianco scoperto, ma mi son posto dei limiti: qualche giorno prima di ogni gara assumo dei sali sciolti in acqua, per combattere i crampi che mi assillano continuamente soprattutto nello svolgimento delle maratone. Durante la gara bevo reintegratori, roba che finisce in “gade” o “rade”, insomma, e se ne ho l’occasione non disdegno una busta di carboidrati in gel. Nessun’altra sostanza per il Tapascio Bombatus, solo pastasciutta e “cicio”. E riguardo a questo argomento non ho più nulla da dire.

La preparazione prosegue, anche se in tono minore. Dopo Atene, in venticinque giorni, otto allenamenti per centodieci - centoventi chilometri complessivi. Com’è difficile recuperare!

Arriva finalmente la prima domenica di dicembre, tutto è pronto per la super-sponsorizzata, decantata, acclamata ed osannata maratona di Milano numero zero. Numero zero… Che vogliano pararsi il sedere se qualcosa andrà male? Boh, si vedrà.

Alle cinque si parte, accompagnati da una pioggia incessante.

“Sabato due e domenica tre dicembre chiuso per manutenzione” sta scritto su un enorme cartellone. Cominciamo bene! Sono le sei e quindici di domenica mattina, è buio e piove che dio la manda. Il terminal del S.Raffaele che ci avrebbe condotto alla fermata di Cascina Gobba è chiuso, così il povero Tapascio Bombatus, Marco ed Attilio si sciroppano il chilometro e mezzo in silenzio su e giù dai marciapiedi, schivando le pozzanghere. Sei fermate e si arriva a Loreto. Cambiamo linea e dopo cinque fermate si raggiunge Piazza Duomo. Partiamo subito alla ricerca del centro maratona per il ritiro del pettorale. Per fortuna non c’è ancora coda. Entriamo negli spogliatoi e ci cambiamo in un clima surreale. E’ ancora scuro e fa un freddo cane, gente mezza nuda si aggira a testa bassa, senza parlare. “La ‘Gestapo’ staziona qui fuori?” chiedo ad un vicino. Dopo aver consegnato le borse cerchiamo i servizi.
Eccoli: sei bagni per cinquemila?  “No, ce ne sono altri sei più avanti…..”.
“Ah, beh, allora…..”.
Sono da poco passate le otto quando incontro il simpaticissimo Ettore Comparelli, fermo all’angolo di Via Marconi. Compagno di maratona e fratello in assunzione di lipidi, ave!
Cosa vuoi che ne capiscano quei bricconi rinsecchiti che devono portarsi appresso soltanto cinquanta o sessanta chili rispetto ai nostri corpaccioni abbondanti e ben nutriti? Noi siamo i veri eroi, non altri!
Lancio due urla disumane per richiamare l’attenzione. Dove sono gli amici? Arrivano tutti, alla spicciolata. Il “prof.” mi vede e mi abbraccia (l’ultimo incontro è avvenuto a Maratona, pensa un po’!). E’ impegnatissimo, saltella come un camoscio e consegna magliette che indosseremo nelle prossime maratone. In questa, ancora la cara vecchia maglietta utilizzata un mese fa ad Atene.
 
Una ragazza carina con in mano una telecamera ed un microfono, forse incuriosita dagli sgargianti impermeabili rossi con cappuccio che indossiamo io ed i miei due amici che mi accompagnano in questa avventura milanese, chiede gentile: “Posso farvi un intervista?”. Mi giro verso Ettore e gli dico, con distacco:
“Scusa…..c’è l’intervista…” .
“Come ci si sente prima della maratona?” mi chiede.
La mia risposta suppergiù è questa:  “Si è molto tesi, soprattutto con questa pioggia. Certo, se il sole baciasse le guglie del duomo e ci fossero venti gradi, e se possedessi sul conto corrente un paio di miliardi per le piccole spese, la giornata sarebbe decisamente migliore!”.
E così Canale (..) è liquidato. Giornaliste pettegole e scocciatrici. Lasciate in pace il Tapascio Bombatus che deve fare il riscaldamento!
 
Ma quale riscaldamento? Tra una chiacchiera e l’altra entriamo nella griglia di partenza. Qualche minuto e via. Parto ai cinque e quindici così mi scaldo bene, senza strafare. Al quinto chilometro passo in ventisei minuti. “Avanti, avanti” dicono gli addetti al primo rifornimento dietro a banchi desolatamente vuoti. In terra uno scempio di bottigliette. Al decimo chilometro il cronometro segna cinquantatre minuti.  “Avanti, l’acqua c’è più avanti!”.
Nei successivi trecento metri continua lo scempio di bottigliette, che i primi mille fetentoni si sono scolate, disperse sul terreno.
Tutti gli atleti urlano: “Acqua, acqua!”. Lì vicino sento una coppia di veneti che commenta : “Oh, Cinsia, sé tuti mati…I vol l’acqua. No piove abastansa?”.
Al quindicesimo chilometro, superato in un’ora e diciotto minuti, la situazione è uguale alle precedenti: acqua esaurita! Finalmente al ventesimo bevo con avidità i primi sorsi. Giro alla mezza in un’ora e cinquantacinque minuti. Sto benissimo. Mi convinco di poter riuscire a finire in quattro ore, contando di percorrere i restanti ventuno ad una media di sei minuti al chilometro.
 
Al trentesimo il cronometro segna due ore e cinquanta minuti. 
Dal trentunesimo chilometro si accende la spia della riserva, rallento e proseguo ad un’andatura irrisoria.
Chiudo i quarantaduemilacentonovantacinque metri in quattro ore e ventitre minuti. Niente crampi e niente crisi, solo un lumicino che dal trentesimo al quarantaduesimo ha prodotto sempre meno luce, spegnendosi gradualmente. All’arrivo saluto qualche amico, rientro nel lager, mi cambio ed insieme ai miei due compagni imbocchiamo il sottopassaggio che porta alla metro per tornare a casa.
 
In seguito all’arrabbiatura mia e dei circa quattromila restati a bocca asciutta ai primi tre ristori, avrei voluto scrivere peste e corna di tutto e di tutti.
Dopo qualche giorno sento invece il desiderio di dare uno scappellotto benevolo alla neonata maratona, considerando il mea culpa già confessato dagli organizzatori. Vedrete che il prossimo anno saranno requisiti tutti i migliori hotel della zona da utilizzarsi come spogliatoi.
I top runners potranno accomodarsi addirittura nei palchi della scala, mentre l’accesso al loggione sarà consentito solo alle lepri. Al primo ristoro soltanto Perrier da venticinque centilitri, dopo dieci chilometri si potrà gustare Picolit friulano e tartufo bianco di Alba, roba leggera insomma.
Dal trentesimo cibi solidi: stinco di maiale, baccalà alla vicentina, chianti e lambrusco di Sorbara, per ripartire di slancio!
All’arrivo medaglie e diplomi per tutti. Anche in ragioneria, se si vorrà!

Tratto dal volume: “Tapascio Bombatus e altre storie” – Ed. Liberedizioni
 
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