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21 Maggio 2012, 11.00

Filosofia

Le vite nello specchio degli altri

di Alberto Cartella
La riflessione settimanale del 23enne filosofo saretino ci porta a riflettere sull'importanza che diamo alla rappresentazione di noi stessi mediata dall'opinione altrui e al rapporto che viene a crearsi con lo stato di felicità/infelicità
 
Parafrasando Arthur Schopenhauer, un anonimo ha detto: “Se sei felice, non gridare troppo: la tristezza ha il sonno leggero”.
 
Generalmente attribuiamo grande importanza a ciò che rappresentiamo, ovvero a ciò che noi siamo nell'opinione altrui. Riflettendo un minimo, comprenderemmo che ciò non è in sé rilevante ai fini della nostra felicità.
 
Perciò è difficile spiegarsi come mai ognuno si rallegri dentro di sé ogni volta che avverte negli altri qualche segno di un'opinione favorevole e che la sua vanità si sente lusingata.
 
Viceversa fa meraviglia osservare quanto immancabilmente lo offendano e spesso lo affliggano profondamente ogni ferita inferta al suo orgoglio e ogni manifestazione di disistima, ogni declassamento, ogni mancanza di riguardo. Per la felicità della persona e anzitutto per la serenità e per l’indipendenza, l’influenza del senso dell’onore è molesta e dannosa.
 
Quindi, a una persona alla quale sta a cuore il senso dell’onore è consigliabile contenere le manifestazioni del suo carattere e sulla base di opportune riflessioni e di una corretta valutazione dell’importanza dei vari beni, moderare il più possibile la sua grande sensibilità all’opinione altrui, sia quando essa ne sia lusingata sia quando ne sia offesa. L’una e l’altra cosa infatti pendono dal medesimo filo. Altrimenti si rimane schiavi delle idee altrui e delle opinioni altrui.
 
È davvero piccola cosa e futile ciò che abbatte o risolleva un animo avido di lodi. Contribuirà, quindi, enormemente alla nostra felicità una giusta valutazione dell’importanza che ha ciò che si è in se stessi e per se stessi in confronto a ciò che si è agli occhi degli altri.
 
Ciò che si è in noi stessi riguarda l’impiego del tempo della nostra esistenza e della forma di quell’esistenza. Infatti, la sfera d’azione di tutto ciò coincide con la nostra coscienza.
 
Al contrario, sede di ciò che siamo per gli altri è la coscienza altrui e ciò che siamo per gli altri è la nostra rappresentazione all’interno di essa, insieme con i criteri di giudizio a essa applicati. Si tratta qui di qualcosa che non ci si presenta direttamente, ma solo indirettamente, cioè in quanto determina il comportamento degli altri nei nostri confronti.
 
Inoltre, va sottolineato che quest'ultimo ci interessa soltanto in quanto potrebbe influire su qualcosa che possa modificare ciò che siamo in noi e per noi. Ciò che accade in una coscienza altrui giudicante è per noi in sé indifferente e noi stessi finiamo per distaccarcene mano a mano che giungiamo a conoscere abbastanza la superficialità dei pensieri che albergano nella grande maggioranza dei cervelli, la limitatezza delle idee, la moltitudine degli errori, la meschinità e la falsità delle opinioni di coloro che impiegano il loro tempo a giudicare gli altri.
 
Dobbiamo renderci conto per tempo di una semplice verità: ciascuno vive, prima di tutto e realmente, dentro la propria pelle e non nell’opinione altrui. Chi pensa il contrario è infelice.
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