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31 Maggio 2014, 07.30

BLOG. L'angolo del filosofo

La seria comicità del rispetto

di Alberto Cartella
L’opinione suppone che la gelosia sia la triste conseguenza dell’amore. Ma la gelosia è una finalità, una meta e, se bisogna amare, è per poter essere gelosi
 
La seria umanità della crescita si civilizza, si addolcisce, ma tende a confondere la dolcezza con il prezzo della vita, e la sua tranquilla durata con il suo dinamismo poetico. Il volto di un uomo cambia se passa dalla turbolenza della notte agli affari seri del mattino.

Vivere abitualmente vuol dire sapere ciò che si deve fare, ogni istante diventa utile. Ogni momento è caratterizzato dalla possibilità di procedere verso il fine prescelto; il tempo diventa un cammino verso tale fine. Ma non c’è solo il tempo riservato all’azione e il dualismo utile-inutile sperimenta un cedimento.

La comunicazione non può avvenire da un essere pieno e intatto a un altro: essa vuole esseri in cui si trovi posto in gioco l’essere, in loro stessi, al limite della morte, del nulla. La disposizione reciproca a modificarsi non è l’uno che guarda fino a che punto si può cambiare l'altro. Il cambiamento, la trasformazione che costituisce il soggetto, che non è mai opposto a un oggetto, sta alla base della possibilità di cambiare, anche se non è questa possibilità.

Sarebbe orribile credere ancora al peccato; in realtà, tutto ciò che facciamo, dovessimo ripeterlo cento volte, è innocente. Rincorrere la coerenza dicendo «sono fatto così» è ciò che tenta di ridurre il cambiamento. Si tratta di una riduzione che cerca di risolversi in una costruzione di sé legata alla propria visione generale, alle proprie fissazioni. Nessuno è fatto come l’idea che ha in testa di sé o di un altro. Nessuno conosce nessuno, mai.

«Sono fatto così» è in stretto legame con la formula «non mi fai ridere» accompagnata dall’interiorizzazione del «dovrei farti ridere». Non c’è mai uno che fa ridere un altro, si ride sempre in due, tranne che nel ridicolo. E perché bisogna sempre ridere a tutti i costi? Perché avere sem
pre un sorriso ipocrita sul volto? Essendo l’ipocrisia legata alla supposizione di un’opposizione fra tristezza e solarità in cui non ci si capisce mai. Ridere in due vuol dire lasciarsi andare alla crisi della conoscenza, alla crisi che incrina il volere, il voler sempre sapere cosa l’altro ha in testa. Ogni sensazione è una domanda, anche se solo il silenzio le risponde.

L’opinione suppone che la gelosia sia la triste conseguenza dell’amore. Ma la gelosia è una finalità, una meta e, se bisogna amare, è per poter essere gelosi. La filosofia ha bisogno di una non-filosofia che la comprenda, ha bisogno di una comprensione non-filosofica.
 
Queste considerazioni sono state rese possibili dal guadagno di pensiero che ho ricevuto da George Bataille, Gilles Deleuze e dal grande artista valtrumplino Fabio Speltoni.
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