Come Mark Twain, disse circa le abitudini, "
Smettere di fumare è la cosa più facile al mondo. Lo so perché l’ho fatto migliaia di volte".
Vi è un'enorme industria costruita sulle impotenti abitudini di eccesso di cibo – e che probabilmente sai bene se non sei riuscita a
perdere peso -, abitudini di cibi dolci, al fumo, scarso esercizio e altro ancora.
Pochissimi sono invece coloro che si occupano del modo per dimagrire che sappia gestire la dinamica sabotatrice delle cattive abitudini.
Cos'è esattamente un’abitudine? Da dove vengono? Perché ci sono? C'è un semplice approccio alle nostre abitudini che ci possa meglio illuminare e darci responsabilità? Ho alcune idee in merito a tutto ciò.
Le abitudini sono pensieri o attività che ripetiamo ancora e ancora, alcune volontariamente e consapevolmente – come il fare una passeggiata ogni giorno – mentre altre si esprimono in modo automatico e inconscio – come il mangiare troppo senza pensare ogni volta che mangiamo.
Stiamo prestando particolare attenzione al secondo tipo di abitudine, quella che tendiamo a combattere e che ha lo strano potere di permanere nonostante i nostri sforzi. Di sicuro, le abitudini sembrano avere una vita propria, visto che poche persone dicono: "
Accidenti, mi piacerebbe imparare cattive abitudini e mantenerle".
Non c'è alcun lavoro da fare nel generare queste abitudini, perché l'abitudine fa tutto da sola. Ecco uno dei fatti psico-biologici più elementari sulle abitudini:
la mente è, per natura, abituale.
Ognuno di noi ha un innato processo di assuefazione che è stato progettato in gran parte per aiutarci con uno dei compiti più importanti della sopravvivenza e dell’evoluzione:
l’apprendimento.
Hai mai osservato un bambino piccolo mentre impara qualcosa di nuovo?
Quando ho giocato a cucù con mia figlia di cinque mesi, coprendomi gli occhi e togliendo poi le mani, rideva con entusiasmo, come previsto.Immaginavo che dopo 6 o 7 cucù l'umorismo sarebbe svanito e sostituito col "game over", la fine del gioco, ma lei voleva ancora il cucù, sbavando e ridendo ogni volta.
Il cucù era ben più che un gioco; mio figlia stava imparando quello che gli psicologi chiamano
"Costanza dell’oggetto". Alla mente di un bambino, quando una palla scompare dietro un divano o gli occhi scompaiono dietro le mani, sono scomparso per sempre.
Vedendo la mia faccia ritornare era un'esperienza divertente perché quello che pensava dovesse sparire dalla faccia non era avvenuto. E lo voleva vedere più e più volte perché gli
esseri umani imparano attraverso la ripetizione.
Il sistema nervoso è programmato a livello di base per apprendere informazioni importanti ripeterle. Quante volte un bambino canterà la canzoncina dell’alfabeto per la sua gioia dell'apprendimento?
E quante volte faremo, da adulti, gli stessi errori nella vita fino a quando impareremo la lezione? Penso che ti abbia reso l’idea.
Il
processo dell’abitudine, del ripetere qualcosa più e più volte, serve essenzialmente un altro interessante scopo del cervello primitivo: avvicinarci
verso ciò che porta piacere e allontanarci da ciò che porta dolore.
Il processo di apprendimento è naturalmente piacevole, quindi ripetiamo istintivamente qualsiasi comportamento di apprendimento che ci fornisce più conoscenza e controllo del nostro ambiente. Quando abbiamo imparato a non toccare il fuoco con le dita, anche se l'evento è stato doloroso, il nuovo apprendimento ci assicura dal dolore: non bruciarsi più. Così è nata l'abitudine di evitare di sottoporre la propria carne al fuoco.
Purtroppo, questo processo di
ripetizione del piacere o allontanamento dal dolore è facilmente distorto.
Ad esempio, a un certo momento nel passato possiamo essere tornati a casa da scuola o dal lavoro dopo una giornata angosciante, aver mangiato un gelato e sentirsi meglio quasi immediatamente.
La mente, quindi, tranquillamente ha registrato:
"Mi sento male -> mangio il gelato -> mi sento bene". Se ti senti giù un giorno successivo, la mente ripeterà automaticamente questo comportamento e nasce così un'abitudine del gelato.
Abbiamo imparato a garantire un piacere temporaneo, evitando il dolore immediato.
2 tipi di abitudini
Dividiamo le abitudini in due categorie fondamentali:
positive e negative. Possiamo pensare a esse come abitudini
"ricercate" e
"indesiderate". Le parole positive e negative non sono indicate qui come un giudizio morale sull’intrinseca bontà o malvagità dell’abitudine, ma sono piuttosto sono termini neutri che descrivono gli effetti di queste abitudini e le conseguenze biologiche che le evocano.
Un'
abitudine negativa è un comportamento che si ripete meccanicamente e automaticamente. Esso drena o disperde la nostra energia, ha ripercussioni nocive sul corpo o sulle emozioni e va contro ciò che vogliamo di più per noi stessi.
Tipicamente, le abitudini negative hanno alcuni vantaggi immediati positivi o piacevoli. Tuttavia, questi benefici sono di breve durata e alla fine possono produrre conseguenze dannose. Un esempio di un'abitudine negativa, è la sedentarietà prolungata come mezzo per gestire una sensazione di stanchezza. Crediamo nel breve termine di preservare le energie ma in effetti l’assenza di movimento ci toglie energie e attività metabolica.
La sfida qui è questa: la stessa parte della mente che automaticamente riproduce "
Mi sento stanca -> mi stendo sul divano o mangiucchio qualcosa -> mi sento bene" non è la parte di noi che può valutare la conseguenza di quest’abitudine, perché senza
auto-riflessione e
consapevolezza, la nostra natura dominerà.
La caratteristica distintiva delle abitudini negative è che esse vengono naturalmente, richiedono poco sforzo per essere sviluppate e acquisite rapidamente in una dinamica propria che è difficile da compensare.
Così, se le abitudini negative sono automatiche, si auto-ripetono e sono inconsce, ne consegue allora che il semplice principio, che deve essere presente per lavorare con qualsiasi abitudine negativa o indesiderata è sempre questo: la
coscienza.
Coscienza qui significa consapevolezza, veglia, presenza e occhi spalancati. Vuol dire che noi invochiamo la parte di noi che i meditatori spesso chiamano "lo stato testimone". So che questo è più facile a dirsi che a farsi e ancora, non esiste alcuna pillola magica che sradichi un'abitudine indesiderata. La vita ci porta a svegliarci, momento per momento, a fronte di qualsiasi comportamento che stiamo cercando di abbandonare. Ecco perchè il famoso psicologo della Gestalt Fritz Perls ha proclamato:
"Cura la consapevolezza".
Così, invece della strategia comune del lottare contro un'abitudine, ci dobbiamo risvegliare. Ad esempio, se si mangia troppo poniamoci la domanda:
"Questo è ciò che vorrei scegliere in questo momento? Continuerò con il pilota automatico o scelgo di non mangiare?".
Abbastanza interessante, anche se siamo noi stessi a porci questa domanda e a scegliere se continuare a mangiare, abbiamo in realtà
"allenato" il nostro
muscolo della scelta e reso più forte.
La prossima volta, di fronte alla stessa scelta, la nostra capacità di scegliere e di accettare una qualsiasi scelta, diventa più forte e ancora più compassionevole. Abbiamo rafforzato il nostro conto in banca della
"consapevolezza" e possiamo facilmente utilizzare il nostro patrimonio.
Affrontare i nostri abituali pensieri indesiderati o le abitudini alimentari nocive per la salute o qualsiasi altra che limiti la nostra forza vitale e libera espressione, è un atto di auto-evoluzione. La vita ci chiede, attraverso le nostre sfide personali, di crescere. Non si tratta di combattere contro se stessi, di odiarci, sfidare l'abitudine o attaccare le nostre debolezze. Si tratta di seguire un sentiero con un cuore che guida noi stessi dolcemente verso casa.
Hai mai trasformato con successo un'abitudine indesiderata con il potere della consapevolezza?
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Gianpiero Rossi
Psicoterapeuta presso Studio di Medicina Clinica
Lumezzane - tel. 030 82 64 09
Body Mind Center, Salò - tel. 0365 21 318
gprossi2015@gmail.com
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