Apro il primo cassetto, in cucina, quello che contiene posate e ammennicoli vari, e resto proprio sbalordito: lo scompartimento riservato ai cucchiaini è desolatamente vuoto, non era mai successo!
“Ma che è – chiedo a Grazia, quasi risentito – c’è stata una moria di cucchiaini?”.
Ci penso un po’… Eh, certo, le feste, il meraviglioso Natale trascorso a casa con i famigliari, ecco la causa della moria dei cucchiaini, che sono stati utilizzati nella loro totalità e ora si trovano in lavastoviglie!
Osservo il cassetto aperto e mi soffermo ammaliato a scrutarne il contenuto, e mi “sovvien l’eterno”, mentre i ricordi cominciano ad affiorare.
Ah, che piacere provavo da bambino, quando mamma mi lasciava rovistare in quell’antro magico che conteneva, almeno ai miei occhi, ogni ben di Dio, pur di tenermi fermo a quel tavolo, mentre lei puliva il pollo, o preparava i ravioli, o il ripieno, che io piluccavo non appena girava gli occhi, facendo poi finta di non essersene accorta…
Il cassetto non racchiudeva soltanto forchette, cucchiai, coltelli e cucchiaini, collocati nei loro bravi spazi dell’apposito contenitore, ma anche tappi di ogni genere e dimensione, in sughero e di plastica, schiaccianoci, pelapatate, spiedini appuntiti, un apribottiglie, cucchiai di legno, un apriscatole, un cacciavitino multiuso, campanine per il thè, un trinciapollo, un piccolo matterello, una rotella magica per tagliare i ravioli, con i quali mi divertivo per ore e ore.
Anche oggi il mio cassetto contiene suppergiù la stessa “mercanzia”; ciò che è cambiato sono io.
In statura e volume, ovviamente, perché dentro mi sento sempre quello, e ad ogni inizio d’anno rinnovo le consuete richieste al Padreterno:
“Concedimi anche quest’anno di vivere in pace e serenamente con i miei cari e preservali da ogni male.
Fa che possa avere la soddisfazione di guadagnarmi da vivere con il mio lavoro; lo sai che non conserverò il di più.
Fa in modo che non compia mai alcuna azione per la quale debba abbassare lo sguardo, quando al mattino davanti allo specchio mi rado, e nelle avversità, se ve ne saranno, fa che io conservi la fede, in Te, in me, nei miei cari e nella vita”.
Pensavo fosse una battuta, invece Grazia riesce sempre a stupirmi. In giardino abbiamo una pianta di ortensie, il cui colore oscilla tra il bianco e il rosa...
Alle sette e mezza mattutine, in una gradevole giornata di primavera ormai inoltrata, giacca e camicia per intenderci, basta maglioni, cappotti e giacconi, dopo aver estratto l’autovettura dal garage, attendo Grazia davanti alla cancellata...
Venerdì sera di metà marzo, terminata la giornata e settimana lavorativa, rientriamo a casa e affrontiamo l’ultima curva che conduce al nostro villaggio
Chiara, la nostra ultimogenita, da gennaio si trova in Olanda per il progetto Erasmus, dopo essersi laureata nel luglio scorso in Psicologia, e fino a giugno frequenterà la specialistica all’università di Groningen
Da qualche tempo, ormai, i patti sono stati definiti con chiarezza. Quella volta gli dissi: “Fino a quando avrò dei debiti, non puoi permettere che io me ne vada”. Non mi rispose. Chi tace acconsente, per cui secondo me l’accordo è valido.
Dal 1996 al 2010 ho compiuto per lavoro numerosissimi viaggi all’estero. L’avvenimento curioso e singolare che voglio narrare oggi è avvenuto la sera del 16 marzo 1998 nella sala d’ingresso dell’Hotel Bucuresti, a Bucarest