E’ capitato qualche tempo fa, alla Messa delle dieci. Al momento dei canti, il ragazzotto seduto tre o quattro banchi davanti a noi cominciava a dimenarsi...
... mettendosi a ballare con perfetto tempismo, muovendo il busto e le braccia ritmicamente, ma senza destare alcuna sensazione sgradevole o sguaiata, anzi, al contrario, generando in chi gli stava vicino sorrisi compiaciuti e il desiderio di emularlo.
Come ci siamo divertiti Grazia ed io, osservandolo e guardandoci negli occhi!
Poi il giovanotto, un bel ragazzo massiccio e robusto dai modi gentili, carnagione chiara e capelli che con il trascorrere del tempo hanno assunto una colorazione sempre più scura, rispetto ai riflessi biondi della fanciullezza, si sedeva ascoltando le letture, assorto e concentrato, quasi in estasi, in un mondo tutto suo, salvo poi “scatenarsi” in occasione di un nuovo “riff” di chitarra e percussioni di bonghi che preannunciavano l’inizio di un altro canto.
L’attempata signora che gli stava accanto, capelli bianchissimi e viso dolce, in un primo momento l’ha scrutato con sospetto, ma in seguito ha dimostrato di apprezzare con aperti sorrisi le gioiose manifestazioni e, al momento dello scambio del segno della pace, s’è presa la stretta più calorosa del giovane, che l’ha porta a tutti i suoi vicini di banco, poi a quelli che gli stavano davanti e in seguito ai fedeli del banco alle sue spalle.
Sono certo che, se avesse potuto, avrebbe scambiato il segno della pace con tutti i presenti!
Dicono che sono “diversi”.
Io voglio pensare che, nonostante tutto, un giorno la grandezza dell’umanità sarà così eccellente e nobile da riuscire ad accogliere, sostenere ed integrare questi “diversi”, e tutti i “diversi”, non fosse altro che per attenuare, e se possibile eliminare, la preoccupazione dei genitori angosciati dalla consapevolezza che, dopo di loro, il futuro di questi figli può essere oscuro e incerto.
Pensavo fosse una battuta, invece Grazia riesce sempre a stupirmi. In giardino abbiamo una pianta di ortensie, il cui colore oscilla tra il bianco e il rosa...
Alle sette e mezza mattutine, in una gradevole giornata di primavera ormai inoltrata, giacca e camicia per intenderci, basta maglioni, cappotti e giacconi, dopo aver estratto l’autovettura dal garage, attendo Grazia davanti alla cancellata...
Venerdì sera di metà marzo, terminata la giornata e settimana lavorativa, rientriamo a casa e affrontiamo l’ultima curva che conduce al nostro villaggio
Chiara, la nostra ultimogenita, da gennaio si trova in Olanda per il progetto Erasmus, dopo essersi laureata nel luglio scorso in Psicologia, e fino a giugno frequenterà la specialistica all’università di Groningen
Da qualche tempo, ormai, i patti sono stati definiti con chiarezza. Quella volta gli dissi: “Fino a quando avrò dei debiti, non puoi permettere che io me ne vada”. Non mi rispose. Chi tace acconsente, per cui secondo me l’accordo è valido.
Dal 1996 al 2010 ho compiuto per lavoro numerosissimi viaggi all’estero. L’avvenimento curioso e singolare che voglio narrare oggi è avvenuto la sera del 16 marzo 1998 nella sala d’ingresso dell’Hotel Bucuresti, a Bucarest