... ma in qualche occasione sentono il bisogno di
“uscire” da questa
“normalità”; insomma, devono inventarsi qualcosa per
“trasgredire”, sempre nel solco del lecito e del buono, ovviamente, qualcosa che dia un po’ di sapore ai loro interminabili giorni trascorsi nella Pace Celeste.
Così, come succedeva ormai da qualche secolo, anche quell’anno decisero di fare un regalo speciale a chi avesse scelto il modo migliore per celebrare il Santo Natale: in tutto il mondo erano esaminati gli eventi più belli e significativi per festeggiare la nascita di Nostro Signore, e in quell’occasione i Santi si scatenavano con la fantasia, assegnando a ogni convitato o partecipante all’avvenimento una scatola contenente tre doni, tra i quali ne poteva essere scelto soltanto uno.
Tra i Santi si potevano contare parecchi burloni, o smemorati, o ingenui, se vogliamo sfumare il giudizio su di loro, ma quello che combinò San Comichino da Zelig nel Natale del 1884 ai quindici poveri lebbrosi che si erano riuniti nell’abitazione di Padre Damiano, a Molokai, nell’arcipelago delle isole Hawaii, fu davvero strano.
Pensando di fare un figurone, poiché gli altri due doni erano costituiti da un buono per
“Guarigione temporanea di una settimana dalla lebbra” e “
Un po’ di serenità” (senza specifica temporale), San Comichino da Zelig inserì nella scatola un magnifico
I Phone della Apple, dotato del suo bravo caricabatterie, che sarebbe stato inventato soltanto dopo centotrentanni circa (ma, si sa, ai Santi tutto è possibile!).
Quando il fiammingo Padre Damiano de Veuster fu canonizzato da Papa benedetto XVI, domenica 11 ottobre 2009, alle tre dello stesso pomeriggio, il
“novello” San Damiano si presentò al cospetto di tutti i Santi e disse a voce alta:
“Dov’è San Comichino da Zelig?”.
Questi uscì dal coro e gli corse incontro: “
Ma tu sei proprio scimunito! - gli disse il nuovo arrivato –
Che se ne facevano i miei poveri lebbrosi di un I Phone?”, e poi si abbracciarono teneramente e diventarono subito grandi amici, com’è d’uopo in Paradiso.
“Pensa – proseguì San Damiano -
su quindici, dodici scelsero ‘Guarigione temporanea di una settimana dalla lebbra’ e per sette giorni parse a loro di essere in Paradiso, ma poi all’ottavo giorno tutto tornò come prima; due, forse un po’ più svitati, scelsero l’I Phone: se lo rigirarono tra le mani qualche giorno, si chiesero dove dovevano infilare i caricabatterie, e alla fine, poiché non servivano a nulla, li buttarono in mare; soltanto uno scelse ‘Un po’ di serenità’: per lui non cambiò praticamente nulla, ma da quel momento i suoi occhi brillarono di una luce nuova, fino al giorno in cui la lebbra se lo portò via e si spense, proprio ‘serenamente’”.
Per quell’anno la scelta dei Santi cadde su un pranzo di Natale che era stato organizzato in un paesello di montagna, immerso nel verde e attraversato dalle acque di un bel fiume, con certe albe e tramonti così tersi e limpidi da lasciare senza fiato, tanto erano belli; ma di tutto ciò gli abitanti non se ne rendevano conto, perché si erano ormai abituati alla bellezza del paesaggio, e anzi in tanti pensavano di abitare una terra fredda e desolata, abbandonata da Dio.
L’idea dei solerti e volenterosi organizzatori era stata davvero entusiasmante, cioè far trascorrere il Natale insieme, a tutti quelli che non lo potevano fare per le cause più svariate: perché erano soli, perché non potevano, non volevano e non ne avevano voglia.
Ma la cosa riuscì tostissima, e fu scelta dal consesso dei Santi perché non vi parteciparono soltanto quelli che erano soli, ma anche famiglie intere e persone che, in sostanza, gradivano trascorrere il Natale insieme con altri.
Ai tavoli prestarono il loro servizio uomini e donne che nella loro vita normale si occupavano delle più svariate attività, e anche alcuni giovani, lontani da casa per lavoro, che al loro ritorno per Natale, invece di sedersi al desco familiare, per quella volta scelsero di essere al servizio di altri.
Alla fine s’iscrissero in centoventitre! Il menù era sopraffino: lasagne, bolliti, arrosti, dolci dei più svariati tipi…
Il pranzo ebbe un clamoroso successo e un gradimento universale, tutti erano felici e soddisfatti.
Finalmente si avvicinava il momento in cui tutti avrebbero aperto la scatola che ognuno aveva collocata accanto al proprio piatto.
La disputa tra i Santi quell’anno era stata accesissima:
“Io quest’anno voglio far trovare nella scatola un Rolex – diceva San Comichino –
E dai, che se la godano un po’!”.
Ma il bello è che non si trattava di un Rolex
“ordinario”, da quattro o cinquemila euro. No, lui aveva pensato al modello
Paul Newman, il Rolex più costoso al mondo valutato a quel tempo non meno di centodiecimila euro al pezzo!
Il secondo dono fu invece una classica settimana di qualcosa di bello: quell’anno fu “
Buono valevole per una settimana di gioia”, mentre il terzo: “
Un po’ di pace”, ovviamente anche in quest’occasione senza indicazione temporale.
Dopo aver aperto le scatole, i convitati si guardavano l’un l’altro, sbigottiti: “
Un Rolex?”… ma tanti altri furono colpiti dalla particolarità degli altri due doni.
Erano indecisi, e alla fine ottantatré scelsero il Rolex, che tennero al polso fino alla fine dei loro giorni, trentotto “
Una settimana di gioia”, che si godettero come pazzi per sette giorni, e soltanto due
“Un po’ di pace”, che non cambiò in alcun modo la vita di chi fece questa scelta, ma permise loro di vivere per sempre in pace con se stessi, con gli altri e col mondo intero.
E i quaranta Rolex che restarono sul tavolo?
Non furono gettati nella differenziata, come suggerì argutamente un giovane che aveva prestato servizio ai tavoli, ma il Centro che ospitò il pranzo li vendette, e con il ricavato pensò bene di abbattere le mura cadenti e decrepite, ricostruire tutto da nuovo, arredarlo con gusto, e con quello che avanzò, fu possibile organizzare pranzi di Natale per i prossimi due secoli.
E alla fine di questa storia, anche chi la scrisse, inebriato dall’atmosfera natalizia, la dovette rileggere, perché in realtà non ci aveva capito una mazza, pur essendo uscita dai suoi polpastrelli che avevano calpestato come dei forsennati i tasti sul computer.
Ma era Natale! Anche quell’anno era finalmente arrivato, e allora non si chiese altro, alzò gli occhi al cielo e ringraziò il Padreterno, augurando in cuor suo, che era colmo di gioia, un Buon Natale a tutti, ma proprio a tutti!
Ezio Gamberini