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06 Giugno 2013, 08.40

Terza pagina

Non c'è delitto senza pena

di Dru
Il limite è il guardiano della violenza, dentro il limite non si è violenti, fuori dal limite si è violenti. Ma guardiamo da più vicino questo limite, la sua struttura e il suo significato, cosa è e cosa comporta per noi il limite?

Nella storia dell'uomo uno dei limiti posti, e che ha governato l'umanità per oltre cinquemila anni, è stato Dio e il suo significato, e nella forma irrazionale del mito e in quella più razionale e teologica religiosa inscritta nella verità della filosofia: il Dio è stato ciò che ha reso certe cose possibili e cert’altre impossibili.
 
Ma dicevo scandagliamo il limite, questo è davvero rigido? cioè, davvero tutte le cose che rientrano in questo limite, rappresentato da Dio nel periodo sopraddetto, sono sempre state possibili e tutte quelle al di fuori impossibili? o il limite nel tempo, da imperturbabile e immodificabile, si è in qualche maniera spostato e cioè si è reso perturbabile e modificabile?
 
Cioè, se un limite si fa violare, e violare significa appunto cercare di rendere possibile ciò che è impossibile, perché non v’è altrimenti violazione o violenza, dicevo se un limite si fa violare perché non violarlo?

Delitto e Castigo di Dostoevskij rappresenta benissimo questo limite imposto dalla legge che da divina diventa umana, non c’è delitto se non c’è pena (castigo) e il delitto ha sempre una pena (castigo) proprio perché si compone e si genera nel suo significato che viene posto appunto dal limite che è commisurato dalla pena: tu puoi delinquere, tu credi di poterlo fare, ma infine, se non in questa vita magari in quella ultraterrena, vi sarà la pena e cioè vi sarà il castigo e quello che tu credi di violare al dunque è per te inviolabile.
 
Dostoevskij è magistrale nel suscitare questo senso del delitto e della sua pena: fin dalle prime mosse del romanzo la pena non è che legata e imprescindibile dal criterio con cui il protagonista pensa il delitto o gesto delittuoso: la pena, prima di essere concretizzato il delitto, è già presente e lo è fin dal momento in cui il protagonista partorisce l’idea delittuosa, ancora prima del gesto.
 
E anche qui vi pongo alcuni quesiti per riflettere…
Perché considerare delitto ciò che non si pone nel limite o detto ancora meglio perché considerare delitto ciò che non ha al dunque una pena da subire?
 
E ancore, il criterio, che definisce appunto la pena dentro e non fuori il suo limite, se può essere abbattuto perché non abbatterlo?
Appunto, dicevo sopra, è il limite che definisce cosa è violento e cosa non è violento, ma se il limite viene spostato, o rimosso, ciò che prima veniva considerato una colpa ora non lo è più, ciò che prima veniva punito, la pena, è il risultato posto dal limite.
 
Ora, per il motivo detto, non lo è più e ciò che è delinquente diventa innocente.
 
Alla morte l’uomo pre-filosofico non guardava come oggi l’uomo guarda la morte: chi moriva, prima dell’avvento della filosofia greca, non aveva e non dava lo stesso significato che oggi diamo alla morte.
Prima gli uomini credevano che dopo morti vi fosse una continuità e solo dopo, con l’avvento della filosofia, e dei suoi nuovi significati portati alla luce dalla ragione, questa continuità è stata messa alla prova duramente.
 
E’ stata messa alla prova dal concetto di “nulla”, prima dei filosofi il significato di nulla non esisteva, o almeno non esisteva per come i filosofi lo hanno fondato e fondato con verità.
Per i mortali di oggi il limite è la vita e la pena della vita è, del mortale, il  nulla, una pena che rende il mortale folle, una pena che per essere sopportata il mortale ha dovuto per necessità gettare nella dimensione del subconscio, infatti noi, su questo nuovo concetto di limite che non è più Dio ma è la vita, abbiamo costruito nuove difese, nuovi ripari, la scienza supportata dalla filosofia è questo riparo e il nostro nemico da abbattere o limite è la vita breve o lunga che sia e non è più Dio, che intanto è morto.
 
Riflettere sul nulla è come guardare il sole, puoi rifletterci qualche istante ma se ti fai catturare rischi di rimanere cieco, non è come riflettere su Dio.
Abbattere (s-parire) il limite di Dio, che l’uomo non sentiva più come vero limite, ci abbiamo messo cinquemila anni e, una volta visto che il limite non era un vero limite, lo abbiamo superato abbattendolo, come si fa con ogni limite che non è un vero limite per noi.
 
Su questo nuovo significato limitante, il significato del nulla, l’uomo ha edificato l’arma più efficace possibile per combatterlo, la scienza e le sue tecniche.
 
Dru
 
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