C’è stato un tempo in cui gli antichi fondatori delle università, cioè i teologi medievali, si dilettavano a discettare anche riguardo al sesso degli angeli. Ai giorni nostri, “discutere del sesso degli angeli” è diventata un’espressione idiomatica: chi la usa vuole comunicare che una discussione è vuota di significato o irrilevante.
C’è da osservare che i teologi medievali avevano buone ragioni per dibattere sulla faccenda.
Sebbene fossero ragioni teologiche, cioè formulate a partire dalla loro fede cristiana, erano pur sempre chiara espressione del pensare filosofico.
Fra queste ragioni, una era collegata ad un noto discorso di Gesù (riportato nel Vangelo di Luca al capitolo 20, dal versetto 27 al 40), da lui tenuto in opposizione ad alcuni Sadducei che, volendo metterlo in difficoltà, gli domandarono di chi sarebbe stata moglie nel Regno di Dio una donna che qui sulla terra è stata sposa di sette mariti, morti uno dopo l’altro.
La risposta data loro da Gesù fu la seguente: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma, quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio”.
Proprio grazie a queste parole di Gesù, i teologi medievali conducevano un ragionamento di questo tipo: siccome i risorti alla vita eterna non sono né mogli né mariti, ma sono simili agli angeli, nel Regno di Dio diventano esseri “neutri sessualmente”, cioè privi di sesso biologico, senza bisogno di sposarsi, di fare l’amore e di generare dei figli.
Sebbene un simile discorso possa apparire a taluni irrilevante, anacronistico o privo di senso, si potrebbe notare quanto segue: semmai sia ancora possibile pensare filosoficamente ad una vita spirituale e incorruttibile delle anime umane, paragonarla a quella di angeli non sessuati (cioè di intelligenze spirituali non corporee) non suonerebbe poi così strano. Infatti, anche nell’antica filosofia platonica, a sua volta riferita alla tradizione dei misteri Orfici, le anime spirituali risultavano asessuate.
Lo stesso dicasi per l’esotico Oriente, dove l’atman, cioè il principio spirituale che anima ogni essere vivente e che permette all’uomo e alla donna di essere umani, è immaginato privo di sesso.
Per questi motivi, immaginare che l’anima, diversamente dai corpi, sia priva di sesso non sembra affatto qualcosa di così assurdo. Senonché, nell’Occidente attuale sta accadendo qualcosa di davvero inconsueto rispetto a questo problema.
Infatti, sempre più persone si stanno convincendo che il fatto di essere maschi o femmine (e di riconoscersi ed accettarsi come tali) non sia più collegabile semplicemente a questa vita corporea, sessuata e mortale, ma dipenda dalla mente, cioè dall’anima.
A quel che sembra, sempre più cittadini sono persuasi del fatto che il corpo umano mortale, maschile o femminile, non concorra per nulla a determinare la percezione del proprio corrispondente genere sessuale.
A loro giudizio può accadere che, fin dalla più tenera infanzia, un maschietto senta di essere nato nel corpo sbagliato e si creda una femmina. Lo stesso potrebbe succedere ad una femmina nei confronti di quell’odioso corpo maschile in cui si sente costretta fin dalla nascita.
Un simile modo di pensare, appunto, dovrebbe condurre alla supposizione filosofica che le anime sono sessuate prima di scendere nei loro corpi mortali. Questi ultimi, del resto, sebbene testimonino dell’esistenza di sostanziali ed inequivocabili differenze fra geni maschili e femminili, sono di fatto ritenuti neutri. Con la conseguenza che oggigiorno sono i corpi a diventare simili agli angeli e non più le anime, come pensava Gesù e con lui i teologi cristiani.
Ci troviamo quindi di fronte ad un’implicita e assolutamente inedita forma di platonismo rivisitato, secondo il quale le anime che si trovano nell’Iperuranio non sono immortali. Ciò nonostante esse sono sicuramente sessuate: sono anime maschili o femminili, che possono scegliere i corpi neutri in cui incarnarsi, fino a quando moriranno con essi.
Fra queste, le più fortunate sceglieranno corpi in cui si identificheranno senza problemi. Quelle meno fortunate, al contrario, sceglieranno corpi opposti al loro sesso spirituale.
Ovviamente, la dea Fortuna decreta quali anime sono fortunate o sfortunate in base ad un suo arbitrario ed inappellabile giudizio.
Così, una volta scese nei loro corpi umani, le anime fortunate vivranno un’esistenza tranquilla e pacifica fino alla loro morte.
Quelle iellate, invece, saranno condannate a vivere in un corpo che non sentiranno adeguato.
A meno che, per lenire le loro pene, le anime sfortunate decidano di modificare, nel corso della loro esistenza, il corpo in cui si sono incarnate.
In questo modo, la felicità di queste anime non consisterebbe più, come immaginava Platone, nel liberarsi della materia e dalle tendenze impure del corpo sessuato per tornare, dopo la morte, a vivere una vita puramente spirituale, cioè immortale e libera dalle costrizioni del corpo.
Al contrario, la felicità delle anime sessuate risiederà esclusivamente nel sentirsi adeguate al loro corpo materiale, facendolo diventare una sorta di involucro in cui sentirsi bene. Il corpo mortale, che per Platone era carcere e tomba dell’anima, si trasforma in un grazioso avatar della mente, di cui le anime possono disporre a loro piacimento, fino al giorno del loro reciproco andare a finire nel nulla.
Una simile e rinnovata versione del mito di Er platonico sembra essere in grado di dar ragione a ciò che sta accadendo nella nostra società.
Tuttavia, qualcuno potrebbe apostrofarmi affermando: “Ma di cosa stai parlando Pseudosofos? Del sesso delle anime?”.
In risposta mi verrebbe da ribattere: “Sì, infondo sto proprio parlando di nulla di sensato”. Ma non sono così sicuro che questa mia risposta sarebbe accolta con benevolenza.
Infatti, potrebbe essere giudicata offensiva della dignità di coloro la cui fede sicura è collegata al credere che il corpo sessuato sia irrilevante nello stabilire l’identità di genere di una persona umana.
In realtà, come spesso accade il più delle volte oggigiorno, al posto di riflettere sulle implicazioni filosofiche collegate a certe visioni della vita ritenute immediatamente e acriticamente vere, si preferisce giudicare sciocco, maleducato o retrogrado chi dichiara apertamente di non condividerle.
Perciò, laddove i teologi medievali, e coloro che ancor oggi condividono la loro fede, passano per fessi a ragionare sul sesso degli angeli, al contrario gli odierni sostenitori delle cosiddette teorie del gender brillano di intelligenza supponendo che sia la mente ad esser sessuata.
Un aspetto, tuttavia, non può sfuggire ai pensatori attenti: i neo-platonici odierni si attribuiscono il lusso di non riflettere affatto su ciò in cui credono fermamente.
Sono solo credenti, non filosofi.
A loro basta trovare le vie politiche e sociali per imporre questa loro inedita mitologia a tutta quanta l’umanità, dando dell’antiquato, del volgare, se non addirittura dell’omofobo a chi semplicemente esercita il diritto... di pensare a ciò in cui dichiarano di aver fede.
Pseudosofos