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18 Febbraio 2013, 08.40

Punti di Vista

Chi chiacchiera e chi lavora

di Aldo Vaglia
Finito il bellissimo festival della canzone inizia quello delle idiozie politiche, per fortuna siamo in dirittura d'arrivo e la prossima settimana avremo i risultati


Così come per San Remo, l’emozione per il vincitore non cambia nulla dello spettacolo, anche per la politica scoprire chi avrà in mano le sorti del paese, per i prossimi anni, sarà ininfluente per chi lavora.
Chi vive del proprio lavoro, peggio ancora chi l’ha perso, finita la propaganda, sarà costretto a fare i conti con una crisi acuita e irrisolta.
La politica invece continuerà a rinfacciare agli avversari l’impossibilità a risolvere i problemi.

Tutti si riempiono la bocca con il creare lavoro, come se servisse inventarlo. Il lavoro è connaturato all’uomo è l’unico modo per produrre ricchezza. Dalla cacciata dal paradiso terrestre l’uomo è condannato alla fatica del lavoro, la tecnica ha affievolito la fatica, ma per soddisfare i bisogni corporali e mentali dell’uomo, il contatto fisico con la materia è ancora indispensabile.
Il circolo virtuoso risorse, trasformazione, consumo, non può compiersi senza che qualcuno ci metta le mani.

Troppe forze organizzate della nostra società prosperano però nel mantenere le cose come stanno e considerano il lavoro una sottospecie dell’intelletto. Quasi un’attività subumana adatta a procurare benessere a chi ne può trarre profitto. Coloro che ne soffrono sono disorganizzati e inconsapevoli. L’unica libertà a loro lasciata è quella di battersi per il colore delle catene. Nere, bianche, rosse o verdi portano tutte allo stesso fine.

Uscire dal medioevo feudale, dei pochi che governano il mondo per ricercare una democrazia economica, non è una richiesta che si può rivolgere alla politica. Essa è più interessata al privilegio personale che al bene comune. Le  new entry,. che a parole hanno tutte le buone intenzioni di cambiare i meccanismi, appena a contatto col potere si corrompono e alle poche idee affiancano pratiche non dissimili da quelle della più vecchia partitocrazia.

Non è il lavoro che manca il vero problema, ma chi ha sequestrato il denaro simbolo della ricchezza prodotta e non lo rimette in circolo.
Quando sentiremo forze politiche, che invece di rincorrere, evasori e fuggiaschi daranno il giusto valore al lavoro saremo sulla strada giusta per porre rimedio alle crisi di sistema. Il lavoro non fugge e il denaro si può stampare. Lo spettacolo delle ricette per la caccia al bottino proposte dai politici, siano essi di destra di sinistra di centro o alternativi, è quanto di più stucchevole si possa ammirare per l’imbonimento e l’intontimento dell’elettore.

Squalificare chi lavora e sottopagare il lavoro ha riempito le fabbriche di manodopera dequalificata e straniera. La perdita di competenze ed abilità acquisite nel tempo ha ridotto la competitività e la produttività con il risultato di finire fuori mercato. Il rilancio dell’economia in qualsiasi settore non potrà che riconoscere al lavoro il ruolo che gli spetta.
La ricetta, che non ha bisogno di nessuna artificiale creazione di posti, è quella di pagare chi lavora. Pagare di più chi lavora di chi chiacchiera, è anche un modo per garantire, oltre a maggiore ricchezza,  una democrazia più matura e più civile.
 

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