Il coraggio di Angelo, Caterina e Maria

Una storia che fa riflettere e che, nonostante tutti gli orrori dell’Olocausto, fa intravedere anche qualche spiraglio di umanità ed altruismo. Tutto ebbe inizio nel dicembre del 1943, quando Maria Rizzini, oggi novantenne, ospitò a casa sua, a Magno di Gardone, insieme al padre Angelo ed alla mamma Caterina Giacomelli, due ebrei per permettere loro di fuggire alla tortura nazista.

Erminia Viterbi, insieme al figlio Paolo, sono riusciti a sottrarsi mettendosi in fuga, grazie alla generosità, prima del farmacista gardonese Giuseppe Malfassi e poi della famiglia Rizzini, alla quale i due fuggitivi furono affidati proprio da Malfassi.

Nel frattempo, il secondo figlio di Erminia, Alberto, insieme al marito Guido, venivano trasportati nell’inferno di Aushwitz, dove perderanno la vita, ma non prima che Alberto si rendesse a sua volta protagonista di una storia straordinaria e resa eterna da “Se questo è un uomo” di Primo Levi.

Come ci racconta Bertussi, infatti, sarebbe proprio Alberto quell’uomo “forte, mite, libero, di volontà buona e forte” di cui Primo Levi parla nelle ultime pagine del suo capolavoro. Sembra che Alberto dividesse la branda con Levi, oltre che le razioni di cibo e i momenti della malattia dell’autore.

Alberto, però, non venne contagiato dalla scarlattina che affliggeva Levi e che fu, per assurdo, la sua salvezza: avendola contratta da bambino ed avendola vinta, Alberto non poteva essere contaminato dalla malattia e per questo non ebbe nessuna difficoltà nel muoversi, quando, infine, lo portarono a morire chissà dove. Levi, invece, venne salvato proprio dalla sua invalidità.

Ma in mezzo a tutto questo sangue, c’è stato spazio anche per un lieto fine: Guido, figlio di Paolo, chiamatosi come suo nonno e Alberto,  figlio di Guido, sono tornati a far visita a Maria, a Magno, dove da sessant’anni vive con il marito Vincenzo Mondinelli, per ringraziare ed abbracciare chi ha permesso loro di venire al mondo.

Quello stesso giorno, il primo cittadino Michele Gussago, aveva consegnato a Maria una targa d’argento incisa con queste parole «Chi salva la vita di un uomo salva l'umanità. - In memoria di Caterina ed Angelo Rizzini Copéta la Comunità di Gardone riconoscente». Ad  oggi, poi, ci si sta organizzando per poter dedicare ad Angelo e Caterina un ricordo nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme.

Fonte e fotografia “Bresciaoggi”