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Giuliana Franchini
Psicologa, psicoterapeuta infantile, autrice di libri sulla relazione educativa e favole per aiutare i bambini a crescere bene
Giuseppe Maiolo
Psicoanalista e docente di Educazione alla sessualità all''Università di Bolzano. Si occupa di formazione dei genitori e di disagio giovanile
Officina del Benessere, Puegnago, tel. 0365.651827
 
 




10 Marzo 2015, 08.41

Genitori & Figli

Cyberbullismo

di Giuseppe Maiolo
Alcuni giorni fa la RAI ha trasmesso un video mostrando un episodio di bullismo: una ragazza di 17 anni che con inaudita violenza aggredisce un’altra ragazza di 12 anni

Le immagini davvero forti, documentano un fenomeno sempre più allarmante di cui si rischia di perdere il controllo, ma impongono una riflessione: corretto mostrarle?
Certo. Dovere di informazione, la prima sacrosanta risposta.
Eppure nei confronti del cyber bullismo, che è fenomeno nuovo ed esteso, c’è da prestare attenzione. Il rischio più evidente, ormai peraltro ampiamente conosciuto, è quello dell’emulazione da parte di altri adolescenti.

E questo perché il cyberbullismo, per sua stessa natura
, si alimenta del potere dell’immagine e della forza che gli attribuisce la nuova tecnologia della comunicazione.
Una volta il comportamento violento del bullismo, peraltro tollerato in alcuni contesti chiusi come i collegi e le caserme in quanto considerato un elemento del processo di crescita, si perpetrava nascostamente dietro lo sguardo degli adulti. 

Sfruttava i luoghi isolati e le stanze appartate
perché gli atti persecutori avessero come protagonista solo le vittime e al massimo il piccolo gruppo degli alleati del bullo che così  manteneva una corte di servitori silenziosi e ossequienti.
Il piacere derivava dal poter essere  leader di una “banda”, anche piccola, ma che rimaneva nell’ombra e sconosciuta ai più.

Oggi invece il cyberbullo cerca il massimo di visibilità.

Più fa conoscere la sua forza e le sue imprese e più è popolare, più si costruisce la fama di “eroe”.
Contemporaneamente la vittima è sempre più vittima e stigmatizzata, emarginata e isolata perché collettivamente derisa e biasimata.
La comunicazione digitale e le immagini delle persecuzioni veicolate dalla rete costruiscono in un tempo rapidissimo sia la “fama dell’eroe” di turno che la disperazione di chi subisce e si sente progressivamente impotente.

Lo smartphone ora è diventato lo strumento dei “selfie”
che narcisisticamente sostiene la ricerca della propria immagine, ma pure un oggetto persecutorio che può moltiplicare in un attimo popolarità e angoscia. 
La rete fa sì che platea degli spettatori diventi potenzialmente illimitata. Sconfinata.

Questo incrementa la tendenza del bullo a ripetere le azioni aggressive e nello stesso tempo riduce in maniera consistente la percezione del danno. 
Poi le scene di aggressioni riprese e postate su un Social, cliccate centinaia o migliaia di volte, se da una parte aumentano il sentimento di potere del cyberbullo dall’altra moltiplicano l’angoscia di chi è vittima ma anche di quelli che possono temere di diventarlo.

L’azione di violenza veicolata da Youtube rimane indelebile
o difficile da cancellare dalla memoria di chi vede.
Una volta in Rete nessuno può dimenticare le imprese del bullo ma neanche il corpo della vittima e la sua prostrazione e il suo stato di sottomissione.
Questa è la vera azione persecutoria, quella che fa la differenza con il passato, con il bullismo tradizionale.

Se una volta dal bullo che a scuola minacciava e colpiva fisicamente nell’angolo nascosto del cortile o nei bagni, ci si poteva difendere chiedendo aiuto e cambiando di classe o addirittura scuola, ora questo non può più avvenire.
Nel web lo spazio è immenso, indefinito.
Quasi impossibile nascondersi, scappare e salvarsi. Per lo meno così pensa la vittima.

Le offese che circolano rimangono,
le diffamazioni sono visibili a tutti così come la vergogna e l’umiliazione che si moltiplicano all’infinito.
Questa è la disperazione della vittima del cyberbullismo. 
E’ una sensazione totale di sconfitta che produce prostrazione e un carico di dolore insopportabile.
La sofferenza, che in breve tempo diviene ingestibile, fa prevalere la convinzione disperata che nessun luogo sia sicuro e non vi sia più nulla da fare.

Giuseppe Maiolo


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