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12 Gennaio 2013, 09.00

Chi siamo?

La ballata degli imbecilli

di LoStraniero
«La prevalenza dell'uomo-massa, l'annullamento dell'individuo, la degradazione dei valori, l'essiccamento della creatività nelle arti, sono fattori determinanti di decadenza»

«Osserviamo la trasformazione psicologica di quelle classi sociali che sino a ora sono state le creatrici della cultura.
l loro potere creativo e la loro energia creatrice sono inariditi; l’uomo si sta annoiando, perde ogni interesse per la creatività e cessa di apprezzarla nel suo giusto valore; l’uomo è disincantato; il suo operato non tende più a un ideale creativo rivolto al benessere dell’umanità, la sua mente è ormai impegnata in interessi materiali, o in ideali che non hanno alcuna relazione con la vita terrena e che solo al di fuori di questa possono trovare una realizzazione».
 
Questa citazione non è tratta da qualche giornale di oggi, ma da come un famoso storico russo, Mikhail Ivanovich Rostovtzeff (1870-1952), studioso molto autorevole della storia di Roma, descrive la decadenza dell’Impero Romano.
Sorge qui la domanda se alla storia sia applicabile un principio nomotetico, cioè che essa sia soggetta a leggi ripetibili e ricorrenti nei vari periodi, oppure sia semplicemente idiografica, vale a dire che gli eventi accadono una sola volta e non si ripetono più.
 
Oswald Spengler (1880-1936), filosofo, storico e scrittore tedesco, ha sostenuto che tutte le grandi civiltà hanno manifestato un ciclo vitale di nascita, crescita, maturità, invecchiamento e morte.
Quest’autore nella sua opera Il tramonto dell’Occidente, dice che il nostro mondo, nonostante il grande progresso tecnologico, attraversa una preoccupante decadenza culturale e va incontro a una catastrofe imminente.
 
Credo che questo pensiero sia da condividere.
La prevalenza dell’uomo-massa, l’annullamento dell’individuo, la degradazione dei valori, l’essiccamento della creatività nelle arti sono fattori determinanti di decadenza.
Il tramonto dell’Occidente è già avvenuto.
 
Lo sviluppo culturale che è iniziato in Europa intorno all’anno mille e che ha prodotto le cattedrali gotiche, Dante, l’umanesimo, il rinascimento, Leonardo, Michelangelo, Shakespeare, Galileo, Newton, è giunto a termine.
Nessuno potrà mai più farlo rivivere.
 
Dalla crisi della cultura e conseguente degradazione dei valori, che io chiamo la grande crisi, derivano tutte le altre crisi.
Quella che stiamo vivendo oggi, particolarmente perniciosa perché investe la famiglia, i gruppi, la società, le imprese, gli stati, è una delle numerose figlie della grande crisi.

Molti di questi enti sono afflitti oggi dal problema del debito.
Questo vuol dire che, in passato, hanno speso più di quanto hanno prodotto.
Per riportarsi in equilibrio dovrebbero, da adesso in poi, fare il contrario e cioè produrre più di quanto consumano in modo che la differenza possa destinarsi alla copertura del debito e degli interessi che esso comporta.
Sennonché, in periodi di crisi, non c’è chi compra una maggiore produzione di beni e servizi perché c’è carenza di domanda, perciò la produzione anziché aumentare si riduce. Il che crea ulteriore debito.
 
Questo circolo perverso provoca fallimenti, disoccupazione e problemi sociali enormi.
Di fronte a questi problemi come si comporta la classe dirigente?
Cincischia. Sono anni che cincischia. Pensa esclusivamente ai fatti suoi.
 
Si rivela incapace di poterci salvare dal baratro.
Preoccupata di non intaccare il potere dei monopolisti, delle corporazioni e delle caste che essa rappresenta (non dovrebbe rappresentare noi?), essendo essa stessa una casta, si perde in finte discussioni ideologiche che sanno di decrepito quanto è vecchio il mondo e che distano anni luce dalla tragica realtà di ogni giorno.
 
Smoking in your eyes.
Finte discussioni, assolutamente assenti però quando, per esempio in parlamento, si tratta di votare provvedimenti che riguardano se stessa: qui, niente discussione, tutti d’accordo, alla faccia del debito.
Non crediate però che gli imbecilli si annidino in questa classe. Qui ci sono solo i furbi. Quelli che si atteggiano al ruolo di buon pastore che si prende cura delle sue pecorelle. Questi, di buono non hanno nulla.
 
Quale fine farà il gregge se non riesce più a produrre lana o latte?
Questi pastori ci hanno rubato il presente e il futuro. I nostri diritti ce li facciamo fritti.
Chi allora o che cosa potranno farci uscire dal circolo perverso?
Forse la tecnologia, dicono alcuni o anche l’internazionalizzazione delle aziende. Ma posate su quali valori? Su quelli che abbiamo perduto?
 
A questo punto sorge spontaneamente un altro interrogativo: chi sono allora gli imbecilli?
Non rispondo direttamente, ma, per capirlo, v’invito a leggere l’etimologia del termine “imbecille”.
 
Con questa faccia da straniero
 sono soltanto un uomo vero
 anche se a voi non sembrerà

                          (G. Moustaki)
 
LoStraniero
 
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