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15 Agosto 2013, 08.26

Terza pagina

Agosto: Abduzioni o abluzioni?

di Leretico
Qualcuno in questi giorni d’agosto potrebbe obiettare che sarebbe meglio parlare di “abluzioni” invece che di “abduzioni”...
 
L’appello non cadrebbe invano, vista la temperatura favorevole, se non fosse che non mi piacciono molto le abluzioni e i lavaggi sacri in genere.
Preferisco quelli profani in qualche piscina agreste di provincia oppure in mare, quando veramente il caldo tende a ridurre le possibilità di scelta, costringendomi a godere anch’io di quel refrigerio così ricercato dai raffinati cultori della “feria agostana”.
Insomma per una “di” e una “elle” che si scambiano il posto, vi tocca leggere di abduzioni invece di abluzioni.
 
Purtroppo per voi la differenza è notevole.
Eppure, se si volesse fare una “paranomasia” si potrebbero tenere assieme facilmente.
Adesso mi spiego meglio: le abluzioni sono i lavaggi sacri, ne esistono in ogni religione. Come ho già detto sono più portato per i lavaggi profani (pro fanum = davanti al tempio; quindi stare fuori dal tempio, nel non-sacro).
 
Le abduzioni invece potremmo tradurle con la parola “ipotesi”.
L’uso di questo termine in senso “inferenziale” (cioè capace di produrre conclusioni logiche derivate) è dovuto a Charles Sanders Peirce (1839-1914), filosofo, semiologo, logico e matematico americano tanto caro ad Umberto Eco per le sue teorie semiotiche.
 
La “paranomasia”, tecnicamente “cambiamento di nome”, è invece una figura retorica che consiste nell'accostare due o più parole che abbiano suono molto simile.
L’effetto può essere comico: pensate quando si dice che una persona “ha preso fischi per fiaschi”.
 
Bene, la parola “ab-duzione” viene dal verbo latino “ab ducere”: portare fuori, portare via. In pratica: ricavare un significato portandolo fuori, tirandolo fuori da qualcos’altro che è accaduto o che costituisce un concetto di partenza.
Insomma fare ipotesi di significato.
 
Senza farla troppo lunga, avete presente quando aspettate un bus e non arriva?
Ebbene, mentre aspettate e vi girate verso la direzione della sua presunta prossima apparizione, congetturate mille possibili ragioni per cui il mezzo non arriva. Ecco in quel preciso momento state facendo delle abduzioni, delle ipotesi dunque.
 
Il meccanismo abduttivo è molto interessante, anche se, arrivati a prendere quel benedetto bus che stavate aspettando, nel caldo di una giornata infuocata, avendo fatto un viaggio da dimenticare, preferireste un tuffo in piscina (la famosa abluzione di prima) piuttosto che un’amena spiegazione come questa.
 
Mettetevi l’animo in pace e seguitemi per qualche altro minuto, ne potrebbe valere la pena.
 
Avrete sicuramente sentito parlare delle inferenze classiche: la deduzione e l’induzione.
La prima è la principessa dell’estate, viene osannata in tutti i libri gialli, soprattutto sulle spiagge italiane di questi tempi.
Non si capisce come mai le vendite di gialli subiscano picchi enormi in agosto, forse proprio per merito della deduzione, anche se immeritatamente.
Dico immeritatamente perché dovrebbe essere riconosciuto quel ruolo all’abduzione , non me ne vogliano gli amanti di Sherlock Holmes e di Montalbano. L’induzione è invece roba da scienziati: osservano, osservano e poi ricavano dall’osservazione una legge che dovrebbe regolare il problema fin lì osservato.
 
Facciamo un piccolo schema di come funzionano queste cose e prendiamo, come ha fatto Umberto Eco, l’esempio che fa Peirce: “Supponiamo che io entri in una stanza e trovi un certo numero di sacchetti che contengono diversi tipi di fagioli.
Sulla tavola vi è una manciata di fagioli bianchi, e dopo una breve ricerca scopro che vi è un sacchetto che contiene solo fagioli bianchi.
Ne inferisco la probabilità, per ragionevole scommessa, che questa manciata sia stata tratta da quel sacchetto. Questo tipo di inferenza è detto avanzare un’ipotesi”.
 
Quando parliamo di deduzioni logiche, abbiamo una regola da cui, dato un caso, ne inferiamo un risultato:
- (regola) Tutti i fagioli in questo sacchetto sono bianchi
- (caso) Questi fagioli provengono da questo sacchetto
- (risultato) Questi fagioli sono bianchi (sicuramente).
 
Nell’induzione invece quello che si ricava è la regola, come dicevamo prima, dato un caso insieme a un risultato:
- (caso) Questi fagioli provengono da questo sacchetto
- (risultato) Questi fagioli sono bianchi
- (regola) Tutti i fagioli in questo sacchetto sono bianchi (probabilmente).
 
Guardiamo invece cosa accade con la nostra protagonista: con l’abduzione quello che si ricava, si inferisce appunto, è il caso, facendolo derivare da una regola e da un risultato:
- (regola) Tutti i fagioli in questo sacchetto sono bianchi
- (risultato) Questi fagioli sono bianchi
- (caso) Questi fagioli provengono da questo sacchetto (probabilmente).
 
Già Popper affermava che l’induzione non esiste, argomentando che, quando si vuole trovare una legge regolativa di un fenomeno, si parte sempre con un’ipotesi in testa prima di andare alla caccia dei casi che lo confermano, come si potrebbe fare con le farfalle d’estate.
Per quanto riguarda poi la deduzione, essa è possibile solo quando si conosce con certezza come stanno veramente le cose.
Ossia quando la regola è stabilita e lo è senza obiezioni. Vale, dunque, solo per il noto, non per l’ignoto. Non è adatta per le scoperte, tantomeno per quelle scientifiche.
 
L’abduzione invece è, tra le tre inferenze, l’unica creativa.
Il fatto di porre il caso (l’attesa del bus) come elemento da spiegare, ci obbliga al tentativo di interpretazione della realtà.
Fare delle ipotesi sulla realtà è quindi la via per darsi delle spiegazioni del mondo e per scoprirne i meccanismi nascosti.
 
A questo punto viene la cosa più interessante: se stessimo tutto il giorno a fare ipotesi sul mondo non potremmo più occuparci delle attività basilari per la sopravvivenza.
In qualche modo, allora, alcune “regole” del mondo le abbiamo imparate e le utilizziamo automaticamente per vivere.
 
Tutte queste regole le abbiamo registrate in una specie di mappa mentale a cui ricorriamo quando facciamo le cose più comuni: la mattina ci svegliamo, ci alziamo dal letto e non ci chiediamo se il pavimento sarà in grado di sostenere il nostro peso, lo diamo per scontato.
È una regola che abbiamo iscritto nella nostra mappa mentale del mondo e non ci ritorniamo più sopra: ci svegliamo e andiamo a fare colazione senza badare al pavimento, ci andiamo e basta.
 
Pensate solo un momento che delirio sarebbe se ogni mattina dovessimo mettere in discussione una regola del genere: non andremmo più a fare colazione, come minimo.
Bene, passando gli anni, la mappa mentale di cui ci siamo dotati si riempie di innumerevoli informazioni, alcune di esse sono scontate, altre molto meno.
Spesso le informazioni di base sono organizzate in modelli mentali, cioè sono raggruppate in insiemi secondo le relazioni che intercorrono tra di loro.
 
Allora, cosa accade esattamente quando si innesca il fenomeno abduttivo?
Nel momento esatto in cui cominciamo a chiederci perché il bus non arriva, scatta nel nostro cervello una velocissima attività di comparazione tra i modelli conservati nella mappa mentale e il caso che ci sta di fronte (il bus che non arriva). Nella comparazione il cervello cerca di assegnare un modello noto al caso che sta analizzando (il perché il bus non arriva).
Appena trova un modello adattabile, per esempio che il bus potrebbe aver incontrato una coda per incidente e quindi sarebbe in ritardo, la applica in modo abduttivo, ovvero la pone come possibile regola dell’inferenza abduttiva (regola-risultato-caso).
C’è traffico (regola), il traffico ha rallentato la corsa del bus (risultato), allora il bus non compare all’orizzonte (caso).
 
Avrete notato che questo meccanismo è potentissimo, fa risparmiare energia e ci permette di vivere in un mondo conosciuto, praticabile.
Purtroppo ha le sue pecche. Il difetto maggiore sta nel fatto che le regole, una volta inserite nella mappa mentale, una volta agganciate ad un modello, tendono a cristallizzarsi e nei casi peggiori a fossilizzarsi.
 
I guai cominciano quando il mondo cambia e noi insistiamo a voler mantenere la regola inserita nel nostro modello mentale.
Il meccanismo si inceppa e non siamo più in grado di avere la giusta reazione, il giusto comportamento.
Se il bus fosse stato soppresso per ragioni varie, ossia la regola dell’inferenza abduttiva fosse cambiata, e noi continuassimo a credere che il suo non apparire dipenda dal traffico (vecchia regola) potremmo aspettare per ore inutilmente.
 
La cosa più grave però sarebbe, convinti nel non voler abbandonare la vecchia regola, se aspettassimo ogni giorno lo stesso bus soppresso che quindi non arriverebbe mai.
Come minimo ci prenderebbero per matti. Bene, è questo che accade quando non vogliamo accettare che il mondo è cambiato.
Quando non vogliamo cambiare i nostri modelli mentali possono accadere disastri.
 
Volete alcuni esempi?
Aziende che chiudono e chiamano crisi la loro incapacità di adeguarsi ai cambiamenti del mercato.
Altro esempio? Le donne diventano sempre più libere e indipendenti ma alcuni uomini non vogliono abbandonare i vecchi modelli familiari e reagiscono a questo fatto con violenza. Risultato: femminicidi.
 
Come fare per essere pronti a cambiare i propri modelli mentali?
La parola abduzione potrebbe essere tradotta anche con dubbio.
La risposta alla domanda finale è allora: tenere allenata la mente al cambiamento, coltivando sempre un sano senso del dubbio ovvero dell’abduzione, se poi volete fare anche qualche abluzione potrebbe aiutare, soprattutto in agosto.
 
Leretico
 
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