Sono i ragazzi della generazione Z che sanno mobilitarsi per cose importanti ma che pure sono arrabbiati, delusi e senza prospettive. Li abbiamo cresciuti noi dando loro illusioni sul futuro e ora non sanno contenere linsoddisfazione, men che meno la rabbia.
In passato, nello scontro generazionale, cera sempre chi Sognava la California e vedeva possibile un mondo diverso e un futuro da modificare che ai miei tempi ti veniva incontro e ti aspettava. Oggi invece le nuove generazioni non dormono e non sognano perché stanno con i piedi inchiodati ai bisogni del presente, senza avvenire, disorientati e in preda allo scontento.
Li ho visti più volte inquieti e inquietanti, turbolenti nelle strade e nei parchi, violenti con i più deboli o i diversi, in qualche modo intossicati dal bisogno continuo di ricompense immediate. Li abbiamo incontrati un po tutti quei gruppi, incapaci dellautocontrollo che la maturazione cerebrale non ha ancora sviluppato ma anche inabili nella gestione delle pulsioni perché privi di educazione alle emozioni.
Per il mestiere che faccio ho incontrato più volte il loro impeto rumoroso accanto a unansia che ha più facce. Spesso un cumulo intenso di dolore sposta la rabbia sul loro stesso corpo e li spinge a tagliarsi di nascosto per tentare di contenere unincomprensibile sofferenza. Oppure, sempre poco lontano dallangoscia, ho visto materializzarsi la violenza delle parole e dei gesti e la ragione azzerata dal disimpegno morale che, notoriamente, domina le masse.
Non è una giustificazione dei comportamenti violenti e inaccettabili, ma una lettura in controluce del bullismo, in particolare quello di gruppo, che prolifera in mille varianti, comune e presente ovunque, a dispetto di tutte le giornate contro le prepotenze e le prevaricazioni che celebriamo.
Sono convinto che servano i momenti di riflessione come è quello annuale del 7 febbraio per contrastare il bullismo, ma è urgente mettere a punto un rinnovato progetto educativo e un patto impegnativo tra famiglia e scuola.
A casa penso si debbano mobilitare le energie dellattenzione e dellosservazione, che sono presenza e controllo necessari alla crescita, se forniscono limiti e confini. A scuola credo ci sia bisogno di sviluppare una cultura della solidarietà e promuovere il senso di responsabilità educando al rispetto e alla cooperazione.
Potremmo anche lottare per vietare luso dei cellulari fino alladolescenza, ma visto che glieli stiamo regalando sempre prima nel corso dellinfaniza, meglio formare genitori e insegnanti competenti e capaci di educare precocemente al digitale, in grado di fornire regole precise sullutilizzo dei dispositivi ed essere di buon esempio.
E poi la scuola, impegnata oggi a sostenere con convinzione la consulenza psicologica in quanto strumento di aiuto nelle situazioni di disagio, credo debba promuovere con lo psicologo lo sviluppo di progetti curricolari per la prevenzione del rischio internet e la crescita di una coscienza collettiva centrata sullempatia e sulla condivisione.
Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento