Il Capodanno nella psiche e l'arte del cambiamento
di Giuseppe Maiolo

Si dice che il Capodanno sia una sorta di compleanno collettivo e i festeggiamenti rappresentino per tutti, nel bene e nel male, la consapevolezza di un anno in più. Ne deriva che le reazioni a questa ricorrenza siano diverse


Per alcuni c’è entusiastica partecipazione e per altri invece, rifiuto o ritiro.
 
Non è strana questa ambivalenza di comportamento, in quanto gli opposti ci appartengono e poi perché si tratta di un periodo di bilanci che possono essere positivi o negativi.
A prescindere dal credo religioso, infatti, i rituali di questo tempo narrano dei processi di trasformazione e di crescita cui tutti siamo sottoposti e, tra Natale e Capodanno, raccontano della vita, della morte e della rinascita.

Così all’inizio di un nuovo anno, ogni volta si fanno i conti e si affrontano le verifiche sul come formulare obiettivi e percorsi nuovi da intraprendere. A Capodanno affollano la mente una quantità di propositi individuali e collettivi che ispirano le formule augurali più usate. Ma poi i tanti gesti tradizionali mettono in evidenza bisogni e desideri di rinnovamento che premono alla conclusione di una fase e insieme mostrano la necessità di sgomberare il campo da tutto ciò che è vecchio per far posto al nuovo.

Questo è il senso del Capodanno, cioè l’inizio anche faticoso di un periodo di conti e di propositi, di conclusioni e di possibili mutamenti. È il primo giorno dell’anno, ma anche il primo del mese di “gennaio” che, guarda caso, prende il nome da Giano bifronte, antica divinità romana. A questo dio con due facce, una rivolta al passato e l’altra al futuro, è dedicato il mese della transizione dal vecchio al nuovo, da ieri al domani.

Tra questi due poli ci stanno una quantità di idee e progetti che, in ogni caso, parlano della voglia di trasformazione e della paura del nuovo, dell'eccitazione per il cambiamento e dell’ansia per le mutazioni.

Il Capodanno, così come tutto il mese di gennaio, è allora metafora di passaggi da fare e di desideri per il futuro che generano timori e incertezze. Del resto i sogni che, come dice Shakespeare, son fatti della stessa nostra materia, hanno bisogno anche di elementi concreti per essere realizzati.

Così le nuove strade da intraprendere diventano possibili solo se ci consentiamo di andare oltre quelle già fatte “ieri” e se proviamo a imboccare i sentieri sconosciuti del “domani”. Ma per poterlo fare abbiamo bisogno di valorizzare il “qui e ora”, cioè quello che siamo adesso e dove ci troviamo.
Ovvero il nostro presente e tutto ciò che contiene il passato ed è capace di generare futuro.

Con l’inizio di un nuovo anno allora, ciò che più conta è l’avere tanti sogni da realizzare ma anche piedi per terra per camminare. Ci serve non confondere tra obiettivi ambiziosi e aspettative elevate perché i primi ci danno la direzione o la rotta da seguire in un viaggio, mentre le seconde possono essere false certezze che alimentano l’ansia del fallimento o la disperazione se si inciampa o si cade.
 
Cogliere il presente e viverlo per intero vuol dire fare di ogni giorno un giorno speciale, ma anche darsi il tempo per realizzare programmi e tenere ardente il desiderio che li alimenta.

In fondo il “qui e ora” è quel cogliere il presente con tutte le sue potenzialità perché, come scriveva Lorenzo de’ Medici:
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