Stelvio, tra antiche rivalità e nuovi sorrisi
di Luca Pietrobelli

Ed infine, a tre anni esatti dalla mia prima scalata al Gavia, ho chiuso il ciclo


L’avevo detto: “il prossimo è lo Stelvio”, non è stato così, ci sono state tante salite in mezzo, anche mitiche, ma lo Stelvio mi è sempre sfuggito.
L’occasione è arrivata come un fulmine a ciel sereno: 3 giorni di ferie con due amici a Santa Caterina, le biciclette legate sul furgone e l’obiettivo di scalare il Gigante.

I puristi del mestiere diranno
che la vera salita al Passo Stelvio è quella da Prato, mentre noi l’abbiamo affrontata da Bormio, ma non abbiamo potuto fare altrimenti; due giorni prima abbiamo sbagliato a misurare i tempi ed i modi e ci siamo ritrovati ad affrontare un’uscita di 6 ore e mezza, rincasando a sera, stanchissimi, sarebbe stato improponibile presentarsi alla partenza di Prato dello Stelvio. Poco male, la cima è condivisa, bisognava tentare.

Ho deciso di affrontare la salita per conto mio, con il mio passo, regolare, per non rischiare tracolli inutili.
La salita da Bormio è ritenuta più semplice ed è sicuramente meno panoramica, almeno per il primo tratto; quando si raggiunge la seconda casa cantoniera e si entra nella valle del Braulio si vedono gli ultimi 5 km di salita con dei pittoreschi tornanti che rimandano alle antiche imprese dei campioni del passato.

Le pendenze non sono impossibili con un 7% circa di media e punte massime dell’11% e con tornanti che permettono di rifiatare, al contrario di quelli che si trovano sul Mortirolo che si impennano senza possibilità d’appello, è possibile affrontare la strada con regolarità e, volendo, provare a scattare.

A circa quattro chilometri dall’inizio della salita ho incontrato due ragazzi francesi che hanno poi deciso di accompagnarmi restandomi a ruota: dopo qualche tornante il meno allenato dei due si è staccato, incitando l’amico a non mollare, che l’avrebbe poi raggiunto.
E così siamo saliti insieme, io e il francese, legati dall’antica rivalità che congiunge i nostri Paesi, soprattutto se si parla di ciclismo, legati dall’atavica e impronunciabile simpatia che lega le nostre terre.

La salita, come sempre, è un viaggio sull’asfalto ed un viaggio interiore: si sentono le voci dei tifosi del Giro, si leggono le scritte sui muri (a caratteri cubitali troneggia il nome “SAGAN”), si ascoltano le proprie sensazioni e i pensieri si srotolano; tornano alla mente ricordi che si credono dimenticati e si torna ad osservare la gente che pedala.
Lo Stelvio propone l’essenza vera del ciclismo amatoriale: centinaia di persone con ogni tipo di bicicletta che si cimentano nella prova, per piacere, per allenamento, per il gusto di pedalare.

La parte più bella della salita sono i 5 km finali: un lungo falsopiano porta agli ultimi tornanti e ci si trova in una situazione decisamente strana. Si è ormai sopra i 2000 metri di altitudine, ci si sente leggeri, non perché si stia vincendo la gravità, ma per una strana sensazione data dalla rarefazione dell’aria; si pedala e si vorrebbe dare di più ma non si riesce, si riesce solo a godersi il fresco, il sole che scotta in maniera impercettibile e il panorama che si fa sempre più interessante.

Quando la strada riprende a salire si può scegliere se scendere verso il Passo Umbrail, sconfinare in Svizzera e risalire da Prato dello Stelvio o continuare: qui è finita anche la mia alleanza armata con il compagno francese, per onorare la tradizione ciclistica che accomuna tutti e due ho dovuto incrementare il ritmo per non vedermelo davanti al traguardo.
Lo so, non è una corsa, ma un pochino coi cugini bisogna sempre provarci!

L’arrivo in cima è un soffio, un colpo di pedale, un respiro.

Come è iniziato, tutto finisce e si spegne. Sei sulla cima, puoi guardare l’altro versante, osservare il confine, e lasciarti andare ancora una volta alla magica frase “ce l’ho fatta”. Giusto il tempo di salutare i nuovi amici incontrati, promettere una scalata insieme al Mont Ventoux per poi ripartire a fionda per la discesa.

La montagna, in fondo, non respinge nessuno, basta saperla prendere.
Stelvio, una salita storica, mitica, da fare e goderne almeno una volta.

Luca Pietrobelli

P.s.: la discesa è comunque più bella!