Imbecille fra imbecilli
di Dru

Un approfondimento sul tema dell'imbecillità del nostro tempo, il tempo del laicismo ingenuo



Scrissi nel mio ultimo che Per Eco uno dei grossi drammi del nostro tempo è l'incapacità di controllo dello strumento, in questo caso Internet, che farebbe la parte della forza dominante, da parte di chi è depositario della verità (non contraddizione) nella società, e cioè giornalisti, professori, accademici di ogni scienza e cattedratici di ogni filosofia.

Per la cultura laica, fin dal dopo guerra, il leitmotiv è la negazione di ogni assolutismo che infine risulta essere una pretesa di appoggiarsi a una verità assoluta.

Contro questa pretesa i realisti alla Umberto Eco, supportati dalle istanze del criticismo propugnate nella filosofia della scienza da Popper e nel diritto da Kelsen, hanno argomentato in questi termini: chi crede di possedere la verità assoluta e di sapere quindi qual è il vero bene per la società, è anche convinto che tutti coloro che hanno opinioni diverse si trovino nell'errore e nel male, e si ritiene quindi in diritto di eliminare male ed errore imponendo la propria volontà. Tutti i grandi metafisici e l'anima più profonda della Chiesa sono nemici del laicismo.

Eppure questo argomento è equivoco.
Il suo presupposto è che, chi crede di avere la verità, in effetti si illuda di averla: sì che la sua opinione, senza verità in quanto illusoria, non differisce dalle opinioni altrui.

Ammettiamo invece per un attimo che questa verità esista e che qualcuno la possegga, magari lo stesso Umberto Eco. Ovvio che a questo punto il possessore di questa verità avrebbe tutto il diritto di ammettere gli imbecilli nell'errore e nel male e anche di toglierli di mezzo, infatti quali diritti avrebbe l'imbecille da rivendicare contro la verità, cioè contro la "rettitudine" che sta alla base di ogni "diritto"?

Ma esiste qualcuno che possegga davvero la verità?

Einaudi diceva questo: "deve prevalere l'opinione di chi sa sopra quella dell'ignorante, del buono sopra il cattivo, dell'intelligente sopra lo stupido, ma chi distinguerà gli uni dagli altri? Come impedire che i furbi cattivi e ignoranti non prevalgano sui buoni e sui sapienti? Altra via non c'è fuor del contar le teste, che è metodo, per esperienze anche recenti, migliore del farle rompere dai più forti decisi a conquistare o tenere il potere".

Con questo egli appunto scartava un criterio sufficiente per poter distinguere senza incertezze i buoni dai cattivi o gli imbecilli dai non imbecilli, insomma il bene dal male.

Senonché si può replicare:
Quale criterio registra come "metodo migliore" contar le teste invece che romperle, si che questo stesso non sia il discorso di un furbo cattivo e imbecille?

La Democrazia, afferma Einaudi nelle "Prediche inutili" è un "mito" "razionalmente non dimostrabile": non è una verità assoluta. Tutto il suo valore sta nella sua forza pratica. Nell'ultima guerra mondiale essa ha prevalso sull'altro "mito" del totalitarismo nazionalfascista.

Speriamo che la gente continui a "credere" in essa.

Siamo giunti al centro della terra, qui, se avete seguito il mio discorso, avviene il passaggio determinante alla comprensione del laicismo ingenuo, dove Umberto Eco non può guardare, perché "imbecille" fra "imbecilli" appunto.

Quando uno "crede" di avere la verità assoluta, ciò che in effetti si trova in mano è, appunto, soltanto un "credere", una "fede", d'altra parte, quando un altro dice di avere una certa fede (ad esempio quella nella carta stampata), egli dà sempre un valore di verità assoluta in ciò in cui crede.

Anche se non lo dice.
Anche se non se ne rende conto.

"Credere" significa infatti voltar le spalle a ogni dubbio, trattare (nell'atto in cui si crede) come indubitabile, cioè come verità assoluta, ciò in cui si crede.
Ciò vuol dire che chi crede in Umberto Eco si trova relativamente alla volontà di imporre la verità nella stessa condizione di chi crede di essere in possesso della verità assoluta.

Se l'imbecillità è conseguenza di questa convinzione,
allora anche Umberto Eco ha come conseguenza l'imbecillità, cioè la negazione di se stesso.

La differenza tra Umberto Eco e l'imbecille allora, come conseguenza del laicismo ingenuo, non è tra ragione e fede, ma tra due diverse forme di fede, o credenza appunto.

Si che è lo stesso Umberto Eco, in quanto fautore del pensiero laico ingenuo, che definisce se medesimo un imbecille:
se l'imbecille è appunto colui che non è fermo di mente, esser fermi di mente è appunto quella verità assoluta che si vorrebbe negare, lo stesso criterio che, all'atto della fede, è un voluto e non un saputo.

.la foto ritrae, appunto, una soluzione imbecille