La Democrazia come mito
di Dru

Perché la democrazia consente la violenza, come la prepotenza in quanto regola storica, sulla vera potenza in quanto essere?



L'homo technicus registra un passo indietro in quanto immerso nelle regole storiche, ma un progressivo incremento in quanto nell'Ontologia.

Secondo le regole storiche, l'uomo, nell'evoluzione, ha saputo concretare i mezzi di produzione, che da naturali si sono sempre più dimostrati tecnici. La trasformazione, attraverso il proprio lavoro, della propria vita, delle relazioni sociali e dell'ambiente circostante, ha costituito l'homo technicus.

Ma l'homo technicus non si è costituito spontaneamente e indipendentemente da quelle regole, cioè le stesse regole non sono qualcosa di metastorico, ma sempre in trasformazione, storiche appunto.

Quali sono le regole storiche e perché le stesse hanno obbligato l'homo sapiens  in homo technicus?

"Le regole storiche sono le regole della storia",


Ma questa proposizione apparentemente banale,  non lo è, anche se a primo acchito lo sembrerebbe, perché tautologica. No, questa identità tra il soggetto e il predicato  mostra che non vi è alcuna regola fuori della storia che sia storica, cioè della storia appunto.

Le regole interne alla storia sono determinate dalla storia, in questo sono della storia appunto. Il senso della storia è determinato da un inizio e da una fine, l'inizio e la fine indicano il cambiamento, alcuna storia sarebbe altrimenti possibile.

Questo significa che ogni cosa che è storica non può durare che il tempo che la regola storica gli impone, non è possibile altrimenti, altrimenti è l'impossibile della regola storica, altrimenti è la negazione della regola storica, che come storica è appunto autocontraddittoria. Insisto e mi ripeto quindi anche la regola come ogni altra cosa della storia ha un inizio e una fine.

Tutto questo non lo dico per leziosismo, o ardire filosofeggiante, tutto questo è l'incisivo, altrimenti delle cose non si capisce nulla.

Ho detto che la tautologia (l'identità), per cui la proposizione sopra tra apici non è banale, significa per ogni cosa il determinarsi storicamente, cioè ho detto di ogni storia che non esiste che come il suo inizio e la sua fine, capire questo significa anche capire che ogni cosa è libera di essere come è libera di non essere, questo il suo inizio e questa la sua fine, ma questo è anche il suo permanere, questo il lato ontologico delle cose tutte.

Se le cose non fossero libere di non essere non avrebbero alcuna storia da raccontare.

Onto-logos (ragione dell'essere): Il loro differenziarsi, il differenziarsi di ogni cosa da qualcosa d'altro, è il loro non essere quell'altro. Il loro identificarsi, l'identificarsi di ogni cosa a qualcosa d'altro, è il loro essere quell'altro.

Un tempo l'uomo affidava la forza della sua resistenza contro l'altro, contro ogni altro, fin anche  quando l'altro non fosse anche la morte, all'essere supremo e sacro del mondo, per come appare.

Alle apparenze della natura, ai suoi fenomeni, incontrollabili dall'uomo e in continua mutazione, e a questi mutabili dava il nome di un dio, sperando di poter saziarne l'indomabile appetito, era il mito.

L'homo sapiens
aveva la facoltà di poterli conoscere, ma la storia di quelli aveva un corso naturale, il dominio della storia su di essi era della natura, generazione da parte di un Dio o anche da parte delle cose naturali tutte, comunque prodotte da Dio, all'uomo era consentita la conoscenza, la loro essenza, era il tempo della filosofia.

Questa immagine del potere si rifletteva sull'uomo non in quanto "agente" del mondo, ma in quanto "fatto". Di nuovo, qui il soggetto di tutto, o il presupposto, è appunto la storia e sue regole.

Ma poi, grazie appunto a questa dimensione filosofica dell'uomo, della cattura del cuore delle cose tutte, l'uomo da "fatto" è diventato "agente" colui che agisce direttamente per produrre il mondo, è il tempo dell'homo technicus.

Di nuovo, qui il soggetto di tutto, o il presupposto, è appunto la storia e sue regole.

Oggi qualcuno si chiede il perché di questa evoluzione dell'uomo e non il perché di un'altra e si chiede pure del perché di tanta violenza interna a questa struttura di regole storiche, quando anche i sistemi politici si mostrerebbero all'apparenza democratici, confondendo la civilizzazione e la democrazia con la negazione della violenza.

Ebbene, le regole della storia si fondano sul loro apparire, esse appaiono storiche, transeunte, precarie, divenienti, quindi contrarie e contraddittorie.

L'ontologia, come loro struttura, le ha determinate come libere di oscillare dal loro essere al loro non essere, la storia appunto.

Questo loro esser libere determina appunto il corso storico, a me piace dire il fiume della storia.

Prima le abbiamo trattenute o in un Dio o in una conoscenza, cercando di stabilirne una permanenza, ma ciò è stato inutile in base appunto al discorso ontologico della loro "libertà" di essere come di non essere, cioè di oscillare, di divenire l'altro da sé.

Ma è proprio questo discorso a farne, prima ancora che le cose della tecnica, la sua violenza, la violenza del discorso che le dice, che dice delle cose tutte.

Se le cose non sono e in quanto non sono, allora sono libere.

Noi le pensiamo così, le pensiamo contraddittoriamente, cioè in quanto eodem sono e  non sono.

Quest'ultimo pensiero, "in quanto non sono", è la violenza del loro essere, è la tecnica, cioè la libertà delle cose tutte ad esser dis-ponibili, cioè appunto disposte a non esser più ciò che sono e quindi trasformabili in altro.

Tutte le forme culturali moderne derivano da questa violazione dell'essere, dalla regola storica, nei diversi modi:
Il modo democratico da quello assolutista in politica
Il modo giuspositivo da quello giusnaturale nel diritto
Il modo moderno della scienza sperimentale, ipotetico e indeterministico, da quello antico, necessario e deterministico.
Il modo musicale moderno afono da quello sinfonico
Il modo artistico dell'astratto da quello rappresentativo della verità dell'immagine del mondo
Il modo poetico del rifiuto del canone da quello strutturato,
Il modo del divorzio come vincolo giustapposto, ma sempre libero di non essere, dal matrimonio, fin che morte non ci separi...

Insomma, di qualunque modo, la forma esprime la violenza della regola storica sulla verità dell'essere.

Ma la forma sa essere contenuto quando non è così violentata dalla regola storica e innanzitutto quando l'essere sa davvero esser se stesso.

Quantunque ed ovunque l'astratto si esprima, per esprimersi deve, per ragione, costituirsi in un contesto di  concretezza.

Quantunque ed ovunque la regola storica si esprima, per esprimersi deve, per ragione, costituirsi in un contesto.

Per questo motivo ho definito sopra un passo avanti nell'ontologia e un passo indietro nelle regole storiche.

Nell'ontologia la dimensione della regola storica va concretandosi sul concetto fondativo di libertà, fondato appunto sull'evidenza del mondo e del suo mutare, concetto autocontraddittorio, ma che come concetto esiste.

Nella regola storica l'uomo tecnico  compie un passo indietro e rivive il tempo del mito, perché abbandona quella dimensione sapienziale, delle cose che ha fatto dell'uomo l'uomo filosofico, per rigettarsi in quella della pura forza, che non consente all'essere di esser se stesso, ma viene così ad esser violentato.

Non avere paura della propria ignoranza consente uno sviluppo ulteriore e più profondo dell'argomento. Attendo quindi vostre obiezioni o quesiti in merito, perché è solo elevandosi al di sopra di un colle che incontriamo, con la vista, le vette più alte, e solo così possiamo vederle e sperare un giorno di scalarle...