Ol pirù
di Egidio Bonomi

Una forchetta, o più coerentemente, «ól pirù», ritrovata in una «ial» fa compiere un balzo all'indietro di ottant'anni


Località Cocca di Bione, montagna sul confine tra Valgobbia e Valsabbia dove diversi lumezzanesi hanno il posto di caccia con la casella o la baita tenute al bacio, nella dedizione speciale propria di chi ama la montagna e ne fa ragione d'esistenza.

Così Gualtiero Tonesi che alla Cocca cura una casetta linda, abbracciata dal verde ed dai fiori... insomma, un angolo di paradiso (per lui) terrestre.
E proprio per dare «cibo» ai fiori, a pochi passi dal posto di caccia, è solito utilizzare la terra scura, grassa, in un punto che richiama gli antichi «carbonér» quelli che, fino a ridosso degli anni Quaranta del secolo scorso, producevano il carbone di legna attraverso il millenario «poiàt», ovvero la legna fatta «gasare» sono una montagnetta di terra.

Tonesi, nel raccogliere il terriccio con la pala, urtava in un oggetto metallico.
Sorpresa: una forchetta che aveva dormito per quasi un secolo sotto la «terra negra» risalente alla metà degli anni Trenta, sicuramente perduta dai «carbonér».

L'età e la forma raccontano la storia di questo glorioso «pirù» prodotto a Lumezzane, modello «Milano» elegante, slanciato, fuso con le primissime presse giunte in valle.
La forchetta, annerita dai decenni e rifinita a mano, riporta agli abili pulitori d'allora che la smerigliavano passando agilmente con la sottile, fragile mola (molto pericolosa perché andava spesso in pezzi) fra le strettissime spine e sui fianchi per vincere le sbavature, peraltro minime.

Poi l'appuntivano a dovere
, contrariamente all'oggi dove le forchette «infilzano» a stento perché la (s) punta la fa lo stampaggio a freddo.
Oggi resiste il modello «Milano» in più variazioni, persa ormai l'antica, mirabile silhouette, ma pure a ricordare la sua storia, riemersa assieme alle ombre dei «carbonér».

Egidio Bonomi dal Giornale di Brescia