La bicicletta
di Ezio Gamberini

Chiara, la nostra ultimogenita, da gennaio si trova in Olanda per il progetto Erasmus, dopo essersi laureata nel luglio scorso in Psicologia, e fino a giugno frequenterà la specialistica all’università di Groningen


Le foto più sorprendenti che ci ha spedito sono quelle che potete osservare qui a lato: si tratta del parcheggio di biciclette, all’università cittadina.
Tutti usano la bicicletta! E anche Chiara si è adeguata acquistandone una a poche decine di euro (che allo stesso prezzo rivenderà prima di ritornare in Italia; funziona così tra gli studenti).

Un’altra caratteristica che mi ha fatto esclamare:
“Quello è il mio paese!”, è l’assoluta mancanza di ombrelli: non esistono!
Quando piove, e ciò succede molto spesso, e anche più volte il giorno, semplicemente si prende, e prima o poi ci si asciuga.
Io odio gli ombrelli, e nei pochi casi in cui li utilizzo, li smarrisco. Ne avrò persi almeno una decina (solo negli ultimi due o tre anni, eh).

Ma torniamo alla bicicletta.
Pur non utilizzandola quasi mai, nella mia testa rappresenta un oggetto con valenza astrale, forse a causa delle mie origini emiliane, terra dove la bicicletta è considerata come un “totem”.
Giovannino Guareschi scriveva che: “…prima dell’avvento della bicicletta, la pianura padana non esisteva, né poteva esistere. Inventata la bicicletta, fu inventata la pianura padana”.

E associato alla due ruote c’è il ricordo più entusiasmante della mia infanzia, quando mi fu regalata la prima biciclettina.
Avrò avuto cinque o sei anni, ed era davvero minuscola, ma quando la inforcavo, mi sentivo libero e felice: sembrava di volare!
Qualche anno più tardi, quando mio fratello Guido mi accompagnò a Brescia nel rinomato negozio di Mingardi in Via Crotte, per acquistarne una con i cambi, adatta a un ragazzino di dodici anni, mi sembrò di svenire per la contentezza: uscito dal cancello di casa, con quel gioiello avrei potuto spiccare il volo per conquistare il mondo!

Ed è incredibile costatare come lo stesso morboso legame dei ragazzi nei confronti della bicicletta, sia consuetudine nelle persone anziane.
Che “lotte”, con le nonne (la mamma di Grazia e la mia)…
Quando, con il trascorrere delle stagioni, cercavamo di limitarne l’uso, per ovvi motivi, la “menzogna” più ricorrente di entrambe era “Ma no, non salgo. La utilizzo solo per appoggiare la borsa della spesa…”, mentre, al contrario, le avevi viste poco prima sfrecciare per le vie del paese a cavallo delle loro biciclette.

Poi passarono gli anni, i figli sono diventati adulti, e molta acqua è passata sotto i ponti, dove scorre il fiume Chiese, tanta da riempire un oceano. E ti chiedi se hai fatto bene a comportarti in modo inflessibile, a un certo punto, “sequestrando” loro la bicicletta.
Ti domandi anche se avresti potuto fare altro, o qualcosa di diverso.

Alla fine, resta la convinzione di aver agito per il meglio, dando precedenza alle indiscutibili priorità, che erano valide allora, così come lo saranno nel prossimo futuro, quando verrà il nostro turno.