Identità plurale
di Alfredo Cadenelli

Bisogna guardare la vita come un mosaico fatto da tanti pezzi, e mettendoli insieme riusciamo a capire qualcosa di questa realtà


Giusto sabato il Presidente del Consiglio (Premier non mi piace) Renzi, parlando all'Università di Bologna, ha fatto appello a un'identità, la nostra, da difendere, innanzitutto dai cialtroni.
Identità: parolone, risuonato qua e là nei dibattiti politici all'indomani di una delle stragi più sanguinarie e simboliche della nostra storia recente.

A sentirlo, il parolone, mi è venuto in mente un esame del primo anno di università, filosofia del diritto, uno di quelli facili, e il testo da preparare, uno di quelli scorrevoli, un saggio, che trattava proprio il tema della, o meglio, delle identità (parola che, ironia della sorte, al singolare o al plurale non cambia).

Il titolo del libro me lo sono dimenticato, appena lo ritrovo ve lo dico, ma la tesi di fondo, che poi il testo analizza, sviscera, ribalta e spiega è che per avviare un vero processo di integrazione sia necessario innanzitutto riconoscere che la nostra identità si compone in realtà di tante identità differenti. Potremmo definirla un' identità plurale, un unicum fatto di tante parti, legate insieme nelle maniere più svariate.

Mi spiego: noi siamo sì italiani
, abitanti della città x o del paese y, cristiano-cattolici quantomeno per "tradizione religiosa", ma siamo anche quelli che tifano la squadra x o y, quelli a cui non piace il calcio, ma vanno in piscina o a correre, quelli che ascoltano musica, quelli a cui piace un cantante, quelli che tentano di fare il cantante, o il rapper, o l'attore, quelli che vanno a teatro o al cinema o al bar, che studiano lingue, lettere, legge, quelli che vorrebbero fare un certo lavoro, quelli che magari vorrebbero andare in un altro posto...

Ognuno di noi, parlando di sé, normalmente, dirà il suo nome, si presenterà, dirà dove abita, da dove viene, cosa fa.
Ma basta questo per definirci, liquidiamo così, in due frasi di circostanza, la nostra tanto preziosa identità?
Continuando a parlare di noi, normalmente, diremo che cosa abbiamo fatto, cosa abbiamo studiato, dove abbiamo vissuto, che squadra tifiamo, che musica ascoltiamo, quali sono i nostri hobby, magari anche qual è la nostra fede religiosa, come la pensiamo in fatto di politica...

Trovare identità comuni con l'altro, spesso più forti e più intime, perché frutto di scelte, dell'appartenenza territoriale o etnico-religiosa, potrà permetterci di gettare le basi per una vera integrazione, che vada oltre e più a fondo del (seppur auspicato) rispetto reciproco.
Che poi, è tutto più semplice di quanto possa apparire o di quanto vogliano farci credere.

Da interista non praticante seguo di striscio il calcio, ma al bar ogni tanto incappo nel variegato pubblico delle partite: italiani, marocchini, cinesi, rumeni, oh, tutti che tifano il Milan!
Al corso di teatro c'è una ragazza nera straf... . Recita malissimo, però fa niente.
Sotto di me abita una famiglia tunisina: una volta gli ho sistemato la tele e mi han portato su un piattone di cous-cous. L'ho mangiato e devo dire che era anche buonino.

Sassolini, cose da niente, cose che facciamo normalmente, senza neanche pensarci troppo.

Ma è da qui che dobbiamo partire, dalla nostra quotidianità, mi azzardo a dire dalla nostra verità, semplicemente, senza neanche pensarci troppo, alle identità che ci dividono. Che sono anche le più pallose. Parliamo d'altro.

Alfredo Cadenelli