Accompagnare il lutto
di Giuseppe Maiolo

La morte e il veder morire sono esperienze profonde e di grande sofferenza per tutti. Ancora di più lo sono per quegli adolescenti che d’un tratto, senza alcun segnale, perdono uno di loro, un compagno, un coetaneo.


Già è incredibilmente difficile per ogni adulto tentare di trovare un perché qualsiasi alla morte di un ragazzino di 13 anni, alla conclusione così anticipata di una vita, figuriamoci per chi ha la stessa età e vede d’un colpo spegnersi il sorriso sul volto dell’amico che all’improvviso si accascia senza nemmeno più una parola.

Quando capita questo come è accaduto in questi giorni, l’angoscia è l’esperienza più acuta.
Ma accanto e dentro lo sguardo confuso di quei giovani, poi ci trovi la rabbia e il fastidio, lo sconforto e il senso di vuoto, la paura e il sentimento di colpa, la confusione e il disorientamento.
Sentimenti che sappiamo attraversano ogni lutto, ma qui li trovi spinti al massimo, anche se tenuti dentro come in un forziere. Perché difficili da dire, faticosi da far venire fuori e farli emergere insieme al pianto.
 
Eppure di fronte alla morte abbiamo tutti la necessità di far uscire allo scoperto quell’intreccio di
emozioni e sentimenti complessi, ambivalenti, ingombranti da vivere benché legittimi, e piano piano, con pazienza, trasformarli.
La chiamiamo elaborazione del lutto. Ma in un tempo in cui la società che abbiamo costruito ha messo al bando la sofferenza e tenta con ogni mezzo di esorcizzare  la morte rendendola spettacolare e sempre più “virtuale”, abbiamo ancora più bisogno di consentirci il tempo per trasformare il dolore e aiutare i ragazzi ad affrontarlo e accompagnare  il lutto.

Bambini e ragazzi hanno la necessità di essere aiutati a fare questa operazione dagli adulti di riferimento.
Lo è tanto più importante oggi che una sorta di analfabetismo emotivo sembra interessare in particolare i giovani che non conoscono più il nome dei sentimenti.
Essi hanno bisogno di essere sollecitati ad ascoltare le vibrazioni interne e dare fisionomia verbale alle emozioni che si provano in frangenti simili. 

Ognuno ha la sua modalità e il proprio tempo per elaborare il lutto e accettare il distacco e la perdita.
Però chi ha funzioni educative ha il compito non solo di permettere l’espressione della sofferenza, ma anche di sollecitarla. Come adulti la morte possiamo e dobbiamo spiegarla con le parole adatte e senza mai omettere la verità, però ciò che conta di più è condividere il ricordo della persona che se ne è andata.

Anche i bambini hanno bisogno, proprio come gli adulti, di costruire un’immagine interiore del defunto per poterne mantenere viva la presenza.
Forse per i più piccoli non è la parola il canale previlegiato, ma il gioco o il disegno che però anche ai ragazzi più grandi può essere utile.

Di certo agli adolescenti può servire molto raccontare, e a più riprese, di quel loro compagno scomparso.
La narrazione è un modo per curare il ricordo di chi non c’è più con noi.
Incoraggiarla e sostenerla significa prendersi cura anche di quella relazione interrotta bruscamente dalla morte, ma allo stesso tempo valorizzare il legame affettivo che c’è stato e che ancora è presente.

Giuseppe Maiolo
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