L'illuminazione
di Itu

Si impara e si lascia entrare nella nostra vita solo quello siamo in grado di sostenere in consapevolezza: il resto è merce per i troppo bravi



Diventare terapeuti di se stessi è come tornare bambini, niente si frappone allo stupore dell'aver trovato soluzione alla curiosità di affrontare una nuova conoscenza che si associa alla nostra anima e la cura.

La delusione della mia curante nel voler entrare nel mio mondo con la sua tecnica piena di fede mi commuove, cerco di entrare io nel suo mondo e rispondo perfettamente alle sue domande decretando a lei il successo della seduta.

Sempre così, questi adulti supponenti c'è sempre da accontentarli per poter sopravvivere.
Però io cerco, cerco quel mistero che guarisce fuori dalle procedure, ormai di tecniche ne conosco e sono pronta a far parte del fiume che scorre.

Cerco allora di dare spiegazione al mio imbarazzo trovando solo nel processo educativo (da tirar fuori...) che si stabilisce solo tra persone che si sentono incomplete .

Viene in mente il momento in cui le lettere si connettono tra loro a diventar parole, un gioco meraviglioso che dopo la fatica del segno preciso sul rigo indicato dalla maestra e curato come lei desidera (da bambini cosa non si farebbe per accontentare gli adulti) improvvisamente diventa significante di comunicazione.

Un'illuminazione fulminante, chi assiste al miracolo rimane accecato dallo sguardo nuovo a quelle lettere che prima erano morte sulla pagina e che improvvisamente si lanciano piene di vita giù dalla matita come sangue nelle vene .

Lo sguardo di un bambino di fronte a tanto vacilla di febbre e non pochi proprio nel momento di questa consapevolezza entrano in crisi e spariscono febbricitanti fuori dell'aula per qualche giorno.

Ma succede anche agli adulti, accettare che niente sia definitivo e offrirsi al cambiamento equivale a dare significato alle lettere morte ma il momento per potersi meritare tale illuminazione non arriva mai da nessun insegnante, arriva solo dalla sete delle nostre anime.