Andandomene nudo
di Leretico

Leggere ha delle controindicazioni: potrebbe succederci la stessa cosa accaduta all'hidalgo Alfonso Quijano, lettore accanito di romanzi cavallereschi...

 
Alfonso un giorno decise di diventare un cavaliere errante realizzando, di fatto, entrambi i sensi della parola "errante".
Battezzato il suo cavallo con il nome di Ronzinante ed eletto a suo scudiero un ambizioso ma saggio contadino di nome Sancio Panza,  egli parte dalla Mancia in cerca di avventure, allo scopo di rispondere a suo modo alle ingiustizie del mondo.
Don Chisciotte è il nome che assegna a se stesso, don Chisciotte della Mancia, appunto.
L'assurdità della sua decisione e delle sue azioni gli fanno guadagnare il giudizio malevolo dei suoi contingenti contemporanei, e anche al lettore all'inizio, ma solo all'inizio, questo squinternato personaggio sembra non solo improbabile ma anche ridicolo.
Ma pian piano, nel corso degli eventi che lo coinvolgono, si scorge la grandezza della sua figura, la metafora del suo agire, la risposta che un uomo può dare ad un mondo che non vuol cambiare.
Il comportamento di don Chisciotte è considerato dalla società che lo circonda come quello di un dissennato.
E più si va avanti nella lettura e più si ottiene la strana sensazione che la pazzia sia il tratto caratteristico di chiunque vada cercando di riparare alle ingiustizie del mondo, follia di un idealista spostato e sconclusionato.
Il famoso detto "combattere contro i mulini a vento" viene dalla folle battaglia ingaggiata dal nostro eroe contro alcuni mulini scambiati per giganti.
Il don Chisciotte non è solo rappresentazione di una società incapace di adeguarsi ai cambiamenti del mondo, e quindi destinata a fossilizzarsi, ma è anche la storia del contadino Sancio Panza, che con saggezza cerca di confrontarsi con quel mondo da cui vorrebbe, forse troppo ambiziosamente, ricavarne qualcosa di concreto.
Il governatorato di un isola è il premio promessogli da don Chisciotte e che egli, stranamente e ingenuamente, si aspetta davvero per il sacrificio di seguire un folle nelle sue farneticanti velleità.
Nel romanzo don Chisciotte subisce una trasformazione: da figura eroicomica diviene figura tragica, mentre quella di Sancio Panza da saggio alter ego del suo padrone diventa uomo disilluso inserito in un mondo irredimibile.
In fondo il tema di tutto il romanzo è un gioco di specchi tra follia e realtà. Il lettore alla fine non sa più riconoscerne il confine e si convince che chi cerca di combattere l'ingiustizia dei giorni nostri non possa che essere considerato un folle, tragicamente solo nella ricerca della verità.
Molto facile voler leggere nelle pagine di don Chisciotte il parallelo della realtà italiana di oggi. Già lo hanno fatto in tanti. Qui si vuole ricordare comunque un episodio, attualissimo, che riguarda Sancio, il fidato scudiero.
Arrivato finalmente ad essere governatore dell'isola di Barattaria, impaurito e stranito dalla battaglia con alcuni finti nemici che volevano invadere l'isola, decide di abbandonare l'incarico di governatore e con esso di rinunciare ai suoi sogni di gloria.
In quei frangenti confessa: "Andandomene nudo, come me ne vado in effetti, è chiaro che ho governato come un angelo".
Immaginate quale sia il politico che possa mai dire una frase del genere. Ed è questa la tragedia dei nostri tempi, che proprio nessuno dei nostri politici, non solo abbia davvero il coraggio di andarsene quando è il momento, ma che lo possa fare "nudo" dopo aver "governato come un angelo".
Il dramma del potere che "logora chi non ce l'ha", come diceva Andreotti, e che uccide con l'ingiustizia chi lo deve subire, si manifesta con l'impostura di chi si dipinge angelo senza nemmeno avere il coraggio di andarsene.
Vorrei qui citare un articolo, pubblicato in questo giornale, intitolato "Le parole sono importanti", per invitare alla riflessione su quale possa essere la potenza delle parole come strumenti di verità e viceversa su quanto male possano creare se diventano strumenti di falsità.
Di quanto alcuni diavoli possano trasformarsi in angeli se si permette loro la manipolazione del linguaggio.
Ed altresì ci sentiamo di indicare la letteratura, di cui il don Chisciotte è un celeberrimo esempio, come strumento che, in un gioco di specchi, fa rimbalzare al suo interno la luce della verità, se solo si voglia fare la piacevole fatica di percorre il viaggio che essa ci propone e se si è disponibili a raccogliere dentro se stessi il senso del suo raggio illuminante.
Il don Chisciotte della Mancia finisce con la morte del suo eroe, ritornato al villaggio nella Mancia da cui era più volte partito.
Torna sconfitto non solo per aver perso in battaglia contro un altro cavaliere, ma sconfitto, per paradosso, anche nel momento in cui riconquista il senno perduto.
La follia gli è servita come difesa verso la volgarità e la bassezza del suo mondo. A noi serve come misura per la libertà che ci è ancora concessa nel nostro.

Leretico