La filosofia nasce grande con Anassimandro 1.2
di Dru

Ma se la cura della verità è un rivolgersi al tutto allora la tesi di Aristotele  secondo cui la filosofia all'inizio è semplicemente una fisica non va accettata



Quando i primi filosofi chiamano Physis ciò che essi pensano, non si rivolgono a una parte o a un aspetto dell'essere, ma all'essere stesso, in quanto esso è il Tutto che avvolge ogni parte e ogni aspetto.

Come la parola Chàos, anche la parola Kósmos ha un significato originario che illumina il senso della presenza di tale parola nel più antico linguaggio filosofico.

Il Cosmo inteso come ordine è un dire che va già oltre la sua origine che ha radice indoeuropea nella parola Kens ,nel latino censeo, "annunzio con autorità".

Anche l'annunziarsi è un modo di rendersi luminoso.

Nel suo linguaggio più antico, la filosofia indica con la parola kósmos quello stesso che essa indica con la parola physis: il Tutto, che nel suo apparire è la verità innegabile e indubitabile.

Si può così comprendere perché la filosofia non abbia tardato a chiamare sé stessa epistéme.

Se noi traduciamo questa parola con "scienza", trascuriamo che essa significa, alla lettera, lo "stare" (stéme) che si impone "su" (epi) tutto ciò che pretende negare ciò che "sta": lo "stare" che è proprio del sapere innegabile e indubitabile e che per questa sua innegabilità e indubitabilità si impone "su" ogni avversario che pretenda negarlo o metterlo in dubbio.

Il contenuto di ciò che la filosofia non tarda a chiamare epistéme è appunto ciò che i primi pensatori chiamano kósmos e Physis.

Per la filosofia al contrario che del mito, le cose non sono cioè soltanto diverse tra loro, ma anche identiche: ognuna dimora nel Tutto, qualcosa cioè che si mantiene, sia pure in modi diversi, all'interno del Tutto. 

Se questa identità delle cose diverse non si mostrasse, le cose diverse non potrebbero mostrarsi come "totalità delle cose": di volta in volta si mostrerebbe questa o quella parte del Tutto, ma non il Tutto che in sé le tiene raccolte.

Eraclito dice appunto: «Tutte le cose sono uno». Sono cioè l'identità in cui restano unificate tutte le loro differenze: l'identità del diverso.


Dall'uno provengono le differenze (cioè le molte cose differenti tra loro). Per i primi pensatori greci l'uno, da cui le differenze provengono, è la stessa "identità del diverso".

Il processo del differenziarsi dell'uno coincide così con l'unità (= identità) delle differenze.