Il rischio della critica all'amore
di Alberto Cartella

Il filosofo saretino Alberto Cartella parla di qualcosa che non può essere ridotto a pura teoria: l'etica. E lo fa per dare una definizione dell'amore, che si materializza nell'uso, nel contesto, nel comportamento, nel gesto

 
Se si afferma che la filosofia è il rapporto a ciò che non è filosofico questo non vuol dire che ciò che non è filosofico venga ricondotto alla filosofia, ma si sta parlando dell’irrisoluzione dell’alterità di ciò che non è filosofico.
 
Se leggo la lettera che qualcuno che mi sta vicino ha scritto a un suo amico e inizio a criticare le affermazioni che vi sono contenute astraendole da un contesto che non sto considerando, in qualche modo quel qualcuno lo sto violentando.
 
C’è qualcosa che non è criticabile e che non può essere astratto in una pura teoria; si tratta di qualcosa che è sempre riportato alla sua applicazione. Questo qualcosa è l’etica. Quest'ultima è ciò che mette in crisi la filosofia quando pretende di ridurre ciò incontra alle proprie concettualizzazioni, quando per esempio tende a ridurre l'amore a un concetto da analizzare, partendo dal presupposto che si possa giungere a un "in sé" dell'amore.
 
L'etica non è una sfida in cui si tenta di far valere le proprie idee. Possiamo essere d'accordo sull'idea di amore, ma ciò che indichiamo con la parola amore e la definizione del concetto di amore sono astrazioni pure se non vengono considerate nel loro uso, nella loro applicazione.
 
L'accordo non vuol dire essere d'accordo sui concetti, ma l'accordo è sempre nell'uso. Ci sono mariti che picchiano le loro mogli e poi dicono di amarle e queste donne non denunciano i loro mariti per questo «ti amo». Ma l'amore non è il dirsi «ti amo», l'amore è nell'uso, nel contesto, nel comportamento, nel gesto in quanto tale. L'accordo è nelle pratiche, non nelle idee.
 
Se chi ci sta accanto soffre e magari arriva a dire che sta soffrendo per il nostro atteggiamento, a volte è importante non decidersi a percorrere la via della giustificazione, ma esitare chiedendosi perché il nostro atteggiamento sta facendo soffrire chi ci sta accanto.
 
Magari stiamo criticando chi ci sta vicino non considerando il contesto al quale ciò che stiamo criticando è riferito. Stiamo astraendo dal contesto cercando di considerare un 'in sé' di ciò che stiamo criticando. Si tratta dell'interpretazione, la quale rimanda ad altre interpretazioni in una corsa decisa e aggressiva in cui siamo presi da noi stessi a dalle nostre interpretazioni, non facendo altro che giudicare chi ci sta vicino.
 
Spesso vi è la tendenza a orientarsi al possesso e a chiedersi di qualcosa: «E se fosse mio?». Mentre a volte in controtendenza rispetto a questo, in riferimento a chi mi sta vicino (per esempio alla compagnia), è importante chiedersi: «e se la perdessi?».