Cipriano Peli: si spegne il più anziano di San Giovanni
di Redazione

Una vita straordinaria, quella di Cipriano Peli, reduce e molto altro: "Giornale di Brescia" ha raccontato la sua storia, fatta di orrori e guerra ma anche di serenità e rinascita. Riportiamo qui questo racconto commovente

 
L’uomo, il marito, il reduce della Seconda guerra mondiale più anziano di tutta la frazione di San Giovanni, a Polaveno: nato il 16 settembre del 1923 e mancato lo scorso lunedì, Cipriano Peli era questo e molto altro.
 
Solo la scorsa settimana, nella sua casa piena di ricordi e fotografie, raccontava la sua storia con un misto di rabbia, rimorso e sollievo. Cipriano era riuscito a fissare - e forse a esorcizzare - i suoi ricordi in un libriccino intitolato «Memorie di un soldato», scritto nel 2007.
 
Poche pagine che raccontano una vita straordinaria, fatta di gesti di umanità scaturiti anche nel mezzo di un bombardamento o nelle terribili ore di prigionia in un campo di lavoro della Germania.
 
«Sono partito il primo settembre del 1943 - raccontava - e con il mio reggimento, il 68esimo fanteria, dopo quattro mesi di addestramento sono stato mandato in Croazia. Dormivamo nei boschi, completamente vestiti e sempre in allerta, fino a che gli ufficiali ci hanno detto che la guerra era finita e dovevamo riconsegnare le armi per poi andare a Fiume».
 
Mentivano. Dopo due giorni di marcia e il ritorno in territorio italiano incrociarono le camionette tedesche. I soldati vennero stipati in dei vagoni e trasportati come bestie a Bochum e poi nel campo di lavoro. «Il lavoro - raccontava Cipriano - : è stato proprio quello a salvarmi.
Lavoravamo 12 ore al giorno. Chi si dava per vinto soccombeva. Ho visto molti più robusti e forti di me lasciarsi andare e cadere. Io ho resistito anche se da 80 chili, a 20 anni, sono arrivato a pesarne 32».
 
Peli resistette, sotto i bombardamenti aerei e le raffiche di insulti delle donne tedesche, che chiamavano gli italiani «escrementi».
Resistette insieme ad altri compatrioti, a qualche russo, ebreo e polacco, fino al trasferimento a Innsbruck, in un’altra fabbrica, dove lavorò come manovale. «Ero un soldato semplice - raccontava solo pochi giorni fa -, per me era facile ubbidire e farmi comandare».
 
A Innsbruck c’era più libertà e «dopo il lavoro ci si poteva spostare per chiedere l’elemosina per il pane. Un giorno - ricordava - ho incontrato un bambino di circa 4 anni. Impugnava una pistola. Mi credeva russo e mi ha scortato in una prigione, dove sono rimasto una notte senza alcun motivo, solo perché di noi potevano fare ciò che volevano».
 
Arrivò il 25 aprile, arrivarono gli americani. Cipriano li ricordava come persone gentili. Lo tennero ancora 5 mesi, durante i quali si rimise in forze. «Ci mettevano in guardia, dicevano che c’erano ancora tedeschi, che erano pericolosi perché sconfitti». Poi Peli tornò a casa, nella piccola frazione di San Giovanni, dove conobbe Giacomina, che diventò sua moglie e restò al suo fianco per ben 62 anni, rendendolo padre di Mariarosa e Martina.
 
Erano la coppia più anziana del paese, lui il marito più longevo, come sottolineava con orgoglio. «Ho resistito a tutto quello che mi è successo in guerra, ma le donne, a volte, sono peggio!» scherzava, sulle labbra un sorriso sincero, da ragazzo.
 
Un sorriso che si spegneva un po’ mentre spiegava che la sua forza stava ormai per esaurirsi. Avvertì: «Fate presto a scrivere questo articolo, che voglio leggerlo anche io. Capìt?».
 
Martedì la comunità s’è riunita per salutarlo l’ultima volta.
 
 
Fonte: Greta Rambaldini, "Giornale di Brescia".