Nave: l'antico mulino Fenotti torna a splendere da museo
di Fonte: Barbara Fenotti, "Giornale di Brescia", 6 gennaio 2013

Secondo mons. Guerrini la storia del cosiddetto "Mulino della carità" risale sino al 1550, ma la prima documentazione ufficiale è del XIX secolo. L'ultimo "molinér" è stato Severino Fenotti, che cessò l'attività nel 1994. Ora il nipote Claudio l'ha convertito in museo

 
Protetto da robuste mura di pietra, in un silenzio ormai ventennale solleticato dall’eco gorgogliante del Minera, il canale artificiale le cui acque furono anticamente deviate dal torrente Garza per alimentare le attività che fiorirono copiose lungo le sue sponde, sorge il vetusto mulino ad acqua di proprietà della famiglia Fenotti.
 
Quello del Minera è uno scrosciare nostalgico, un sussurro ovattato di quelli che paiono voler riavvolgere il nastro del tempo, quasi scambiandolo per gli ingranaggi di quel mulino che per secoli la sua forza motrice ha tenuto in vita. L’angolo tra la via che prende il nome dall’omonimo canale e via Bologna ospita una storia le cui radici sono state individuate dallo storico Paolo Guerrini nel lontanissimo 1500.
 
Occorre però attendere più di un secolo perché la documentazione attesti la presenza di un edificio a un unico vano nel quale tre macine azionate dalla pressione idrica producevano le farine destinate a essere distribuite ai poveri nella zona dell’ospedale delle suore.
 
Conosciuto per questo motivo come il Mulino della carità, il suo utilizzo in seguito decadde per rientrare in funzione nella seconda metà dell’800 quando, stabilito sia Nave Vincenzo Castignola insieme alla moglie Maria, i due ridiedero vita alla struttura ampliando la e ammodernandola con una turbina a peso d’acqua che andò a sostituire la ruota idraulica.
 
La ristrutturazione consentì di ottenere un mulino attivo 24 ore su 24 disposto su tre piani, ciascuno dei quali ospitava i macchinari deputati a una specifica fase di lavorazione del prodotto. I coniugi Castingola tennero a balia una bambina, Emma, figlia di due sarti bresciani che in seguito non avrebbe più abbandonato la casa dei genitori adottivi, ereditando il mulino e diventando a sua volta mugnaia.
 
A Emma succedette negli anni ’60 il figlio Severino che, di fatto, può essere considerato l’ultimo «molener» della dinastia. La tradizione di un’attività molitoria che fino a quell’epoca era stata molto intensa - se si considera che il mulino Fenotti aveva una posizione strategica a metà tra le province di Trento e Brescia e non di rado riforniva anche quella cremonese - andò scemando poiché a prendere il sopravvento furono i grandi mulini industrializzati posti in prossimità dei porti e delle principali vie di comunicazione.
 
Fu così che il 1˚ gennaio del 1994 Severino Fenotti cessò l’attività e il suo mulino cadde in abbandono un’altra volta. A salvarlo dal dimenticatoio ci ha pensato il nipote Claudio che tra turbine, sacchi di grano turco e perpetu i sussulti provocati dall’irruenza dei macchinari in azione ha passato i primi 12 anni della sua vita. Il giovane ha ben pensato di rendere giustizia alla memoria del lavoro dei suoi avi sistemando il mulino a guisa di museo e invitando le scolaresche navensi a visitarlo.
 
«I bambini sgranano gli occhi stupefatti alla vista delle macchine in azione, suppongo sia un fascino dato dal fatto che non hanno mai avuto occasione di osservare così da vicino un processo a loro sconosciuto e del quale di norma vedono solo il prodotto finito», racconta soddisfatto Claudio, aggiungendo che gli è capitato di fare da guida non solo a classi provenienti da scuole di Brescia e di tante altre località della provincia, ma anche a gruppi di persone che lo hanno contattato spinte dalla curiosità.
 
Per visitare gratuitamente il mulino è sufficiente contattare Claudio Fenotti allo 030.2534292, o inviare una mail aclaudio.fenotti@alice.it
 
Foto 2 e 3 "Giornale di Brescia".