«L'anima del lupo» in un'intervista a Roberto Ghidoni
di Fonte: Nicola Rocchi, «Giornale di Brescia», 11 novembre 2012

Riportiamo qui un articolo del "Giornale di Brescia" che intervista Roberto Ghidoni, il "lupo che corre". Una storia, la sua, che fa il giro del mondo e che parla di natura, valori, avventura, sport e rinascita. Perché Roberto affascina non solo per il suo viaggio in Alaska

 
È amore vero, quello tra Roberto Ghidoni e il suo pubblico, rinnovato anche nell’incontro che il runner d’Alaska – dove più di una volta ha vinto la massacrante Iditasport Extreme - ha tenuto a Chiari per presentare il libro «L’anima del lupo».
 
Edito da Marco Serra Tarantola, è stato realizzato grazie all’aiuto di Enrica Bortolazzi, giornalista e autrice di reportage fotografici, fulminata,come ha raccontato ieri, dall’incontro con «lupo che corre»: «Ho realizzato libri per raccogliere fondi per Tibetan Children’s Villages, la onlus internazionale che si occupa della crescita e cura dei bambini tibetani profughi in India».
 
«L’ultimo s’intitola "Portatori di luce": ho incontrato35 persone con una particolare luce interiore, che si rivela nell’aiuto dato agli altri. Tra loro c’era Roberto, che mi ha colpito per i suoi valori, diversi da quelli comuni. Con il suo libro abbiamo fatto conoscere la parte più intima della sua avventura sportiva».
 
Ghidoni conferma: «Volevo spiegare che nella mia storia non c’è soltanto la prestazione atletica: è stato anche un cammino dell’anima, in Alaska ho conosciuto la parte più profonda di me stesso.
 
È il percorso di un uomo che, nella sofferenza, voleva toccare con mano l’essere più che l’avere. Dopo il rientro ho fatto molta fatica. Ho portato sulle spalle un "dopo" di gran peso, finché non ho capito la nuova opportunità che l’Alaska mi aveva dato: quella di trovare me stesso nell’incontro con gli altri».
 
Da qualche tempo visita i detenuti delle carceri milanesi di Opera: «Sono io a ricevere aiuto da loro. Ho imparato ad ascoltare l’altro, a dare importanza a cose che prima in qualche modo calpestavo».
 
L’amore più intenso resta quello per la natura: «In lei ho cercato le mie risposte. Per 31 anni le sono stato legato, sono diventato neve, vento, freddo, alberi.
 
A un certo punto avrei voluto restare in Alaska: qui vedevo cose che non riuscivo ad accettare. Sono passati quasi otto anni dall’ultima gara e non è trascorso un giorno senza che io le abbia rivolto un pensiero. Ma se avessi scelto l’Alaska mi sarei isolato».
 
Racconta che quest’estate ha incontrato le opere del pittore Antonio Stagnoli:«Mi sono riconosciuto nella immedicabile fatica ritratta nei suoi quadri».
 
Una fatica che per Ghidoni ha un’origine tragica: «Mio padre morì a 47 anni, bruciato vivo in un incidente. Allora ero giovane, non maturo per quella sofferenza. A lungo ho dovuto cercare la sofferenza io stesso, per esorcizzare quel dolore». Il pubblico, più che far domande, non smette di ringraziarlo per il suo esempio di vita e la limpidezza di sentimenti».
 
Lui racconta la sua quotidianità nella natia Valtrompia:«D’inverno lavoro in un impianto di risalita, sono "agente di rinvio". Un giorno ne scriverò: vedo gente in vacanza eppure arrabbiata. In estate tengo puliti alcuni prati. Economicamente è in salita, ma resto coerente. Mi alzo alle 5, leggo libri per tre ore. In questo periodo mi dedico al taglio della legna».
 
L’Alaska però... «Ci tornerei, ma solo se ci fosse una chiamata. Sono le cose che vengono a chiamarmi, io sto accanto ai miei amori rispettandoli».