Piero de Hbörnèl, uomo poliedrico di un'antica Valgobbia
di Redazione

La storia raccontata da Egidio Bonomi ci parla di un personaggio a tutto tondo: nato nel 1893, padre di 12 figli, 50 anni nella banda, clarinettista, sassofonista, organista, lavoratore indefesso e grande umorista

 
Piero de Hbörhèl, ovvero, Pietro Pedrini, figura amabile a S. Sebastiano. Nasce nel 1893 e per 85 anni attraversa più di tre quarti di secolo XX.
 
L’arguzia, l’amicizia, la musica, l’industria avviata, dodici figli (sette femmine), 50 anni nella banda, organista della vecchia chiesa di S. Sebastiano … una vita debordante nella Lumezzane acida di povertà per tre quarti di Novecento.
 
Due guerre mondiali, manfrine coloniali in Africa, ma salvava l’ironia, la pazienza e l’idea che ogni giorno è dono. Fatto eccezionale, Piero studia pianoforte col maestro Bihì (Bossini) in Via Calzaveglia in città: a piedi fino a Crocevia, poi il tram.
 
Nella banda suonava il clarino, finché non arrivò il primo saxofono che Piero custodiva gelosamente dietro un cassettone. Un giorno un topolino s’infila nello strumento ed i figli Giovanni e Roberto lo ammaccano a bastonate senza scalfire l’imprendibile ratto.
 
Piero Hbörhèl aveva ereditato il soprannome (volendolo piegare a tutti i costi all’Italiano, farebbe Borsello...) dal nonno che, si dice, avesse voce alla Del Monaco. Cantare era il divertimento sommo a Lumezzane.
 
I Pedrini avevano tutti bella voce, tanto che Roberto sarà eccellente baritono, poi sacrificato all’industria di famiglia. Non per nulla era fiorito il detto: «Chi che òl dei hói i naghe dei Mocéi, chi che öl le uh i naghe dei Hbörhéi» (chi vuole soldi vada dai Mocéi - ai tempi notoriamente ben forniti - chi vuole voci vada dai Hbörhéi). Piero era organista della chiesa vecchia, mansione poi passata al figlio Giuseppe.
 
Nel 1942, col primogenito Gepe si mette in proprio: produce spolette per bombe, grazie a una macchinetta fornita da Umberto Gnutti, dei Pèhte. S’avvia così quella che diventerà l’industria Pedrini dei piccoli casalinghi oltre che dei cerchi in lega. Infiniti gli aneddoti legati a Hbörhèl.
 
Uno per tutti: un giorno, l’amico Guido Bossini, imprenditore, lo sollecita in quel di Pieve per esaminare un cane che vuole far suo. I due chilometri da San Sebastiano presto vinti a passi lunghi ed eccoli davanti al cane. Guido, lo palpa, lo stiracchia... l’annusa muso a muso, è perplesso: «Mah, ha le zampe corte, la coda troppo lunga, le orecchie mosce...».
 
Piero, impaziente: «Tööh (inconfondibile richiamo lumezzanese) guarda che deve abbaiare, mica deve suonare l’organo». Ecco un’altra storia bella della gente di Lumezzane che, certamente, brillava per umorismo.
 
 
Fonte: Egidio Bonomi, "Giornale di Brescia", 10 ottobre 2012.