La biodiversità minacciata nelle foreste tropicali africane
di Redazione

Anche il Museo delle Scienze di Trento ha partecipato allo studio sulla biodiversità che è in grave pericolo nelle aree naturali e in quelle protette dell'Africa pubblicato lo scorso 26 luglio dall'autorevole rivista americana "Nature"

Molte delle aree di foresta tropicale poste sotto tutela stanno fallendo nel loro compito di proteggere la biodiversità.
 
È quanto emerge da uno studio pubblicato lo scorso 26 luglio su ”Nature” da più di 200 ricercatori provenienti da ogni parte del globo. Lo studio non ha precedenti, per mole di dati e numero di ricercatori e istituti coinvolti (ben 166) tra cui il Museo delle Scienze di Trento.
 
Unico ente italiano partecipante, il Museo delle Scienze di Trento conduce da oltre 10 anni attività di ricerca e conservazione nelle foreste tropicali dell’Africa orientale, specialmente in Tanzania. “Le aree protette sono vere e proprie “arche” per la biodiversità.
 
Molte di quelle studiate, però,  stanno per “affondare”, pur costituendo la nostra ultima speranza di mantenere in vita le foreste tropicali e la loro straordinaria biodiversità”, afferma William Laurance, coordinatore dello studio (James Cook University -  Cairns, Australia e Smithsonian Tropical Research Institute - Panama).
 
Tra le 60 aree protette prese in considerazione dallo studio, c’è anche il Parco Nazionale dei Monti Udzungwa in Tanzania, dove opera il Museo delle Scienze di Trento “La nostra presenza duratura nell’area” afferma Francesco Rovero, curatore della Sezione di biodiversità tropicale del museo “e i molteplici studi sulla biodiversità condotti in questi anni sono stati fondamentali per contribuire allo studio.” La ricerca del professor Laurence e del team di colleghi ha preso in considerazione più di 30 gruppi biologici – dalle piante alle farfalle, dai primati ai grandi predatori – all’interno di aree protette di foresta tropicale in America, Africa e Asia.
 
I ricercatori hanno stimato la variazione numerica, nelle ultime 2-3 decadi, di questi gruppi, e quali cambiamenti ambientali hanno agito sulle aree protette.
 
Le conclusioni dello studio rivelano che, nel complesso, le riserve contribuiscono validamente a proteggere le loro foreste, ma purtroppo circa la metà non stanno riuscendo a garantire la protezione dell’intero spettro della diversità ecologica che contengono.
 
“Ciò che è peggio” rincara Carolina Useche (Humboldt Institute – Colombia) “è la portata del declino delle specie nelle riserve che soffrono maggiormente. Non sono solo alcuni gruppi ad essere in difficoltà, ma una gamma molto ampia di specie”.
 
Tra queste, i grandi predatori e altri mammiferi di grande taglia, molti primati, alberi di foresta primaria, pesci di acqua dolce e anfibi. I risultati mostrano come le riserve maggiormente in pericolo siano quelle meno protette, e quindi con maggior incidenza di caccia e disboscamento illegali.
 
Uno dei punti chiave dello studio è la dimostrazione del fatto che i cambiamenti che avvengono attorno alle riserve sono altrettanto influenti di quelli interni alle stesse. Tra questi spiccano, per gravità, il degrado delle foreste sia dentro che fuori le riserve, dovuto a disboscamento, incendi e sovra-sfruttamento delle risorse naturali, caccia illegale; importanti, ma con effetti meno diretti, sono anche la crescita della popolazione umana e i cambiamenti climatici.
 
“La maggiore evidenza di questo fatto” afferma Francesco Rovero “è che l’85% delle riserve che abbiamo considerato ha perso, negli ultimi 20-30 anni, una parte importante della superficie delle foreste che la circondavano mentre solo il 2% ne ha visto un incremento”.
 
“I Monti Udzungwa sono emblematici in questa tendenza globale” continua Rovero “l’area è una delle più importanti in Africa in particolare per la conservazione dei primati, ma abbiamo registrato che, mentre il Parco Nazionale riesce con successo a tutelare la biodiversità, nelle riserve naturali meno protette molti primati e altri mammiferi forestali sono sull’orlo dell’estinzione.
 
La copertura originaria di foresta intorno alle aree protette è stata completamente eliminata, lasciando quest’ultime come gli ultimi avamposti di difesa della biodiversità. L’importanza di queste montagne per la biodiversità è pari a quella dei servizi eco-sistemici per le popolazioni locali e per l’intera nazione, in forma di acqua, fertilità dei suoli nelle pianure circostanti, produzione idro-elettrica, potenziale ecoturistico. E’ esattamente questo legame che ha motivato il Museo delle Scienze ad abbinare alla ricerca, progetti per favorire uno sviluppo locale compatibile con la conservazione”.
 
La conclusione più importante, dicono i ricercatori, è che è necessario svolgere un lavoro più accurato e consistente per tutelare le aree protette – e questo significa combattere sia le minacce interne che quelle esterne e favorire il sostegno da parte delle comunità locali. Questi sforzi aiuteranno le aree protette anche a resistere alle minacce future, come i cambiamenti climatici. “Non abbiamo scelta” ribadisce il Professor Laurence: “le foreste tropicali sono la parte più ricca del pianeta in biodiversità, ma molto di questo patrimonio naturale  rischia di scomparire senza aree ben protette”.