Elettroforesi delle proteine
di Marco Tani

Lo studio delle proteine ha sempre rappresentato uno degli argomenti più sentiti nell'ambito della Medicina di Laboratorio.


Nel tempo si sono succedute varie metodiche che hanno progressivamente consentito di raffinare la diagnosi riuscendo in breve a tempo a fornire al clinico risposte fondamentali per completare il proprio percorso.
L’accertamento di laboratorio non fornisce la diagnosi ma contribuisce alla diagnosi.
E’ quindi importante che il paziente faccia sempre riferimento al medico di famiglia o allo specialista di fiducia.
 
Nel settore delle proteine tramite i vari dosaggi del siero, delle urine, del liquor cefalo-rachidiano la qualità delle nostre performance può definirsi eccellente dal momento che spesso le conclusioni vengono raggiunte o escluse in modo rapido senza sottoporre il paziente ad accertamenti invasivi.
Nel tempo la diagnostica delle proteine ha sviluppato varie modalità il cui contributo ha aumentato il peso specifico della indagine di laboratorio pur non dovendo dimenticare che “il governo” del processo passa sempre e comunque dal ragionamento clinico che faccia apprezzare il paziente in chiave olistica.
 
Nella storia della Medicina di Laboratorio si sono succedute conoscenze e novità tecnologiche ma il cardine della diagnostica nel settore delle proteine rimane la elettroforesi che nella sua forma abituale viene eseguita su campione di siero.
Nella cultura italiana il Medico ha “nella penna” questo esame che viene nel nostro paese richiesto abitualmente di routine per un approccio di base alla patologia del paziente.
In altri paesi ciò non accade e la elettroforesi delle siero proteine è un test di conferma legato ad una precisa situazione clinica,di conferma ad un sospetto – ad esempio – di malattia ematologica.
 
E’ complesso prendere una posizione poiché molto spesso un esame richiesto di routine ci rivela una situazione inaspettata ma è altrettanto vero che spesso la richiesta non è appropriata ovvero viene richiesto un esame che non è necessario per quel percorso diagnostico.
Allo stesso tempo le nuove tecnologie ci mettono a disposizione test di laboratorio sempre più sensibili in grado di rilevare aspetti in una fase “pre-clinica” e che come vedremo per le elettroforesi sono in grado di allarmare il paziente in modo inopportuno.
Ritengo perciò che la richiesta di un accertamento di laboratorio di qualsiasi tipo debba sempre prevedere un preciso ragionamento poiché molto spesso si possono violare le regole della appropriatezza a scapito sempre e comunque del paziente che rischia di venire “rimbalzato” fra vari specialisti pur non avendone bisogno.
 
 
Nella figura n. 1 vediamo il tracciato di una elettroforesi delle proteine del siero come si presenta nella normalità.
Una morbida linea curva a fianco della quale sono posti dei numeri (delle percentuali) che dimostrano come sono distribuite le proteine del siero: a sinistra un picco relativo alla concentrazione della albumina che rappresenta la principale proteina circolante e procedendo verso destra varie zone.
Tutte le altre proteine si distribuiscono infatti in gruppi per cui in realtà l’informazione che proviene da questo esame è estremamente generica dovendo ricorrere in seconda battuta a singoli dosaggi con metodica specifica se vogliamo veramente studiare una singola proteina.
La transferrina che rappresenta la proteina che veicola il ferro migra nella zona beta del tracciato elettroforetico: per valutarla in modo corretto dovremo ricorrere al singolo dosaggio con metodica dedicata (es.dosaggio tramite nefelometria).
 
Ma il tracciato elettroforetico può mostrare la presenza di aree compatte che vanno interpretate correttamente.
 
 
Nella figura 2 rileviamo invece una seconda cuspide in questo caso alla destra della precedente meritevole di attenzione spesso accompagnata da un commento del tipo: “presenza di addensamento in regione gamma” oppure “presenza di sospetta componente monoclinale.”
E’ sicuro che nel caso di questa rilevazione non abbiamo a che fare con un tracciato elettroforetico nella norma ma è altrettanto vero che non si deve e non si può parlare di patologia.
A questo primo accertamento dovrà seguire un test di conferma.
Quindi nell’approccio ragionato agli esami di laboratorio non ci si può fermare ma si deve procedere e richiedere una metodica in grado di confermare o smentire questo riscontro.
 
 
Nella figura 3 viene riproposta una immagine del test di conferma chiamato “immunofissazione” o “immunoelettroforesi” secondo una vecchia definizione.
Solamente tramite questa metodica potremo confermare se a quell’addensamento corrisponde un particolare distribuzione delle nostre proteine.
Questo passaggio è fondamentale poiché – in caso di conferma - il paziente dovrà essere seguito con particolare attenzione e valutato anche in sede specialistica (ematologo).
 
La necessità di un approccio specialistico deriva dal fatto che tali addensamenti che definiremo da ora come “gammapatie monoclonali” possono (non è comunque una strada a senso unico) rappresentare la manifestazione di una malattia ematologica.
Possono perché – osservazione sviluppata in questi anni – tramite le evidenze cliniche, tramite studi epidemiologici circa il 3% della popolazione oltre la settima decade può esserne “portatrice” non avendo una prognosi di vita modificata e non avendo una patologia ematologica.
 
La letteratura corrente ha chiamato questi riscontri come MGUS (gammapatie monoclonale di incerto significato) proprio a dimostrare che prendiamo atto di questi quadri siero proteici senza conoscerne in modo completo la fisiopatologia,rilevando dopo osservazione clinica la non evoluzione verso una quadro di patologia conclamata in caso di stabilità nel tempo.
Troviamo sempre più spesso queste gammapatie il cui approccio deve essere ambulatoriale, non aggressivo definendo però un attento monitoraggio nel tempo.

Solamente coinvolgendo varie professionalità e coordinando gli interventi in modo adeguato, grazie ad una conoscenza dei molti aspetti teorici, sarà possibile ottenere per ogni caso un approccio specifico e corretto nell’interesse prioritario del nostro paziente.

Dott. Marco Tani
Responsabile U.O.S.
Laboratorio Analisi
P.O. Gavardo-Salò
Azienda Ospedaliera Desenzano del Garda