Coprire la Toscana di pannelli solari
di Aldo Vaglia

Per produrre tutta l’energia utilizzata in Italia col fotovoltaico si dovrebbe coprire di pannelli una regione come la Toscana.


Solo oracoli e sibille sono in grado di predire il futuro.
È sotto gli occhi di tutti che economisti, scienziati, politici, finanzieri non hanno queste doti. Analizzare il presente è già abbastanza difficile, fare previsioni è azzardato.
Si corre il rischio di estremizzare tra catastrofismo e troppa fiducia nella scienza.
I tecnocrati che prendono in mano la situazione ingovernabile fanno parte di questa seconda visione.

Un punto di partenza comune ce lo dà il passato; la ricerca degli errori da evitare è compito del presente.
La distruzione di ecosistemi locali non è un fatto nuovo, inizia con la storia dell’umanità.
La caccia e non solo i cambiamenti climatici hanno contribuito all’estinzione dei grandi mammiferi.
Gli incendi per creare habitat adatti a certi animali o all’agricoltura hanno distrutto foreste.
Il meccanismo è sempre lo stesso: cresce la ricchezza cresce la popolazione, più cresce la popolazione più necessita cibo e energia, diminuisce lo spazio, si sfrutta intensivamente il terreno fino al suo esaurimento.

L’antica civiltà mesopotamica è prosperata grazie ai terreni fertili e all’abbondanza d’acqua, quando per sfamare l’accresciuta popolazione è stato necessario incrementare la produzione, si è ecceduto con le irrigazioni fino a far diventare i terreni troppo salati e inadatti ad essere coltivati.
Fu la fine di questa potente civiltà con la popolazione costretta a disperdersi.
Stesso destino toccò ai Maya con la monocoltura del mais. Uno dei fenomeni più clamorosi è quello degli abitanti dell’isola di Pasqua: verso il 1500 la crescita della popolazione causò il superamento della “capacità di portata” dell’isola, ciò provocò deforestazioni, esaurimento della produttività del suolo, estinzione di molte specie, fino alla pratica del cannibalismo.

Il rapporto tra energia, territorio, popolazione è determinante.
Prima della rivoluzione industriale, la poca e povera gente necessitava di piccole energie, il vasto territorio poteva fornire, legna, acqua, vento, a sufficienza.
Il sistema capitalistico e la rivoluzione industriale hanno spinto sull’acceleratore.
Metà del mondo ha decuplicato in pochi anni la sua capacità di consumo, solo la crescita demografica si è fermata in occidente.
La discussione sul clima sui combustibili fossili, sulle fonti alternative non può prescindere dal fattore spazio. Le energie esauribili sono concentrate, le rinnovabili: no.
Sono coscienti i sostenitori del sole, del vento, dell’acqua, delle biomasse di quanto territorio occorre per produrre la stessa energia che si produce col petrolio e sono disposti a perdere una regione come la Toscana per mantenere la crescita allo stesso livello di quella attuale, o quando si tratterà del “proprio orto” faranno le barricate?

Le nostre zone con densità di popolazione bassa hanno mantenuto una percentuale di ambienti naturali molto elevata rispetto alle città. Poche persone su un vasto territorio sono la ricchezza del domani. Serve già da ora prendere coscienza che se non saremo noi ad occuparcene arriveranno altri.
Una difesa del locale non può passare solo attraverso la fiscalità, per preservare acqua, strade, boschi per le generazioni future occorrono interventi di manutenzione costante, la naturalità non può essere l’abbandono, queste peculiarità vanno valorizzate e gestite. Intervenire con piani di sviluppo sostenibili è compito della politica.
Se alla delega si aggiungerà la partecipazione dei cittadini con idee e proposte, il “bene comune” non potrà che riceverne vantaggi.