Dov'è la nostra primavera?
di Itu

I giovani mancano all'appello nella nostra società, ce ne ricordiamo solo se chiedono un lavoro e dei diritti.


Mi trovo ad un incontro sulla “Primavera araba”, considerazioni vissute e raccontate da chi ha visto nascere e crescere la rivolta nei paesi della fascia più risentita dalla crisi, mezza consapevole dei giochi di sfruttamento dei governi europei e pazza abbastanza da accendere fuoco sulle miserie di economie stanche e strafatte di coca.
 
La nostra società beve per dimenticare, siamo vecchi e con troppi ricordi che ci affossano, nei paesi arabi essere giovani è forza numerica e di età veramente nuove, ragazzi e ragazze dai quindici anni insieme alla ricerca di comunicazioni veloci con il web si mettono in gioco manifestando tutta la loro rabbia.
Non è finita la loro primavera, è solo appena iniziata, si sostiene dell’energia del movimento islamico che distribuisce pane e assistenza umana senza pagare ticket, geniale all’interno di una società potersi fidare del tuo vicino.
Penso al nostro sistema incancrenito, non siamo più capaci di sopportare la carità, per negligenza, per i rancori, cumuli di macerie preoccupate di trovare risarcimenti impossibili.
 
Si muore del nostro veleno, intossicati dai miasmi dei nostri desideri fantastici, aspettando che tutto si chiuda spenta la tele sull’ultima partita di calcio.
In Marocco, in Tunisia, in Libia, in Egitto milioni di ragazzi oggi si alzano e pensano come trovarsi e discutere il loro futuro, vanno in piazza e urlano il loro bisogno di vita.
Certo che è difficile, certo che i tempi per le mediazioni sono lunghi ma la democrazia frequenta solo chi ci crede.