Capre per camosci
di val.

A prendere una cantonata dei bracconieri vobarnesi che dopo aver ammazzato due capre si sarebbero pure vantati di aver fatto caccia grossa.

 
Che fine hanno fatto i bracconieri di una volta?
Quelli che conoscevano il territorio palmo a palmo, che sapevano annusare nel vento la selvaggina e che soprattutto ne conoscevano fattezze e abitudini meglio degli zoologi più affermati?
A quanto pare non abbondano, almeno non a Vobarno, dove ignoti malfattori con tanto di  fucile “a palla”, adatto cioè alla caccia grossa, hanno scambiato per camosci due capre.
 
E si sarebbero anche vantati in giro di averle abbattute.
A rimetterci l’Ezio “maöla” Crescimbeni, muratore cinquantenne alle dipendenze della ditta Pavoni, che quando lascia cazzuola e filo a piombo si diletta a fare l’allevatore nel fienile che possiede in Val di Collio.
 
E’ lui, aiutato dagli amici, a fare i conti, collegando da una parte la voce dei giorni scorsi che dava per certa la presenza di due ungulati selvatici sulle montagne di Vobarno, dall’altra la sparizione delle sue uniche due capre di razza “camosciata”, che per pelo e colorazione somigliano un po’, ma nemmeno tanto, ai cugini selvatici.
 
“Radio caccia” ha accertato anche il luogo dell’agguato alle due povere caprette, che sarebbero i boschi della Corna Büsaröla, sopra la vecchia galleria che separa Vobarno da Roè Volciano.
Non è ancora stato individuato, invece, il freezer nel quale le due bestie sono indebitamente finite, ma il Maöla non dispera.