Lorenzo Monguzzi, mercante e poeta
di Davide Vedovelli

Ho voluto inaugurare questo nuova sezione dello Spaccadischi dedicando il primo speciale a Lorenzo Monguzzi, cantautore, poeta, leader dei Mercanti di Liquore, artista e chitarrista di fiducia di Marco Paolini, che lo ha voluto al suo fianco in numerosissimi spettacoli.

 

L'incontro con Lorenzo è uno di quelli che ti arricchisce la vita. Lo intervistai per la prima volta alcuni anni fa, prima di un concerto a Brescia. Mi ricordo che aveva finito il sound-chek tardissimo e gli ho chiesto “se vuoi cenare, tranquillo, che ci sentiamo un'altra volta” e lui, con la sua capacità straordinaria di capire ciò che provi ( ero alla mia prima intervista e visibilmente emozionato) mi dice “ ma va... siediti qui che la facciamo subito”. Io con cappello Panama in testa, perchè i giornalisti con il cappello sono più credibili, registratorino nelle mani che mi tremavano, faccio alcune domande a quest'uomo biondo, alto e magro dagli occhi azzurri, che con due versi riesce a farti venire i brividi dall'emozione. Che invidia!
Da quella chiacchierata sono passati alcuni anni. Si era poi esibito a Vobarno con i Mercanti di Liquore in occasione della “Festa della cultura”, l'abbiamo ritrovato nella prima edizione di Musica da Bere come ospite a sorpresa e poi lo scorso anno, sempre in occasione di Musica da Bere, ha duettato con il vincitore Stefano Vergani (con cui ha scritto anche alcune canzoni).
Negli ultimi anni accompagna Marco Paolini durante gli spettacoli e sta lavorando ad un nuovo album che vedrà la luce nei prossimi mesi. E' un grandissimo artista ed una persona straordinaria, quelle con cui non vedi l'ora di passare una serata a berci un bicchiere di vino.
L'ultima volta che abbiamo cenato gli ho offerto la grappa Piave (selezione cuore): “salute” gli dico io”- “nemmeno i miei peggior nemici mi trattano così risponde lui”. O lo mandi a cagare o gli vuoi un bene dell'anima. Io entrambe le cose.
I Mercanti di Liquore iniziano la loro carriera come band tributo a Fabrizio De André, che poi ispirerà anche molte canzoni scritte da loro. La voce calda e profonda di Lorenzo interpreta benissimo le canzoni del cantautore genovese. Comincia poi a scrivere lui le canzoni, ed escono vere e proprie perle come La semiautomatica, Santa Sara, Lombardia. Album capolavoro è “La musica dei poveri”. Se non lo conoscete recuperatelo subito.
Se vogliamo inquadrarli in un genere direi che è cantautorato folk, ma le etichette vanno sempre strette. Se voglio inquadralo come persona dico semplicemente un amico, di quelli rari a trovarsi. Sono bravi, non belli, ma simpatici i Mercanti. Il numerosissimo pubblico che è presente ad ogni concerto lo testimonia. La capacità creativa e di stesura dei testi di Lorenzo è eccezionale ed affascinante. Con un linguaggio semplice riesce a disegnare immagini che ti catturano e ti emozionano. Senti che dietro c'è una gran testa ed un gran cuore. Ci ha concesso l'intervista che trovate qui di seguito. Me lo immagino, davanti al pc, penna in mano ( a cosa gli serve lo sa solo lui ma sono certo che è così), occhi azzurri pensanti e sorriso sulle labbra che sembra dire “va sto pirla di Vedovelli cosa mi va a chiedere”. “Pirla sarai tu. Monguzzi”.

D. So che sai lavorando ad un nuovo disco. Cosa è cambiato , se è cambiato, nel modo di sentire e raccontare le cose rispetto all'ultimo che risale ormai a parecchi anni fa?
L. Mi auguro che sia cambiato tanto...si, perché altrimenti significherebbe che sono stato fermo tutto questo tempo, che non ho niente di nuovo da raccontare e che non ho nuovi modi per farlo...una tragedia.
In realtà, dall’uscita dell’ultimo cd ad oggi, non ho mai smesso di scrivere canzoni, è un vizio che non è facile togliersi. Succede allora che, dovendo produrre un nuovo lavoro, devo fare una selezione tra pezzi che sono stati scritti anche in periodi molto distanti l’uno dall’altro. Già facendo questa cernita, di solito, mi rendo conto che qualcosa nel mio modo di scrivere è cambiato. Posso dire che oggi presto ancora più attenzione ai testi, cercando costantemente di evitare qualsiasi scorciatoia metrica o ritmica.
Scrivere canzoni in italiano significa fare a cazzotti con la tua lingua e odiare ferocemente chi ne fa un uso strumentale, tanto per riempire la melodia. Si può evitare la banalità, ma costa fatica, tanta fatica.
Anche per la musica il parto e spesso travagliato, se non sono convinto di una melodia o di un ritmo, comincio a provare versioni alternative, e finisco spesso con l’avere una decina di arrangiamenti diversi per la stessa canzone...ovviamente, senza sapere quale sia il più azzeccato. Insomma, facendo un paragone con il passato, direi che sono diventato più esigente, nel disperato tentativo di non ripetermi....perché può anche darsi che il pubblico non si annoi, ma io mi annoierei sicuramente.

D. Hai avuto il coraggio, nonostante un grande riscontro di pubblico, di interrompere un progetto come quello dei Mercanti di Liquore per provare a percorrere nuove strade. Scelta credo molto sofferta. Quando è che il tuo mestiere rischia di diventare una semplice replica di se stessi? da cosa lo capisci?
L. Si diventa una replica di se stessi quando si smette di investire tempo, passione e dolore nella propria musica, quando si cerca di “amministrare” una posizione di privilegio, anziché sfruttarla per evolversi. Ho interrotto l’esperienza con i Mercanti perché da tempo avvertivo i sintomi di questo appagamento e non mi sembrava onesto simulare una vitalità artistica che nella realtà del gruppo mancava.
Parlando della libertà di stampa Piero Gobetti scriveva “Possiamo scommettere che non ci addomesticheremo”, a mio avviso il ruolo dell’artista dovrebbe partire dalla stessa scommessa, oggi io scommetto solo su me stesso.

D. Mi dici 4 tuoi buoni o cattivi maestri?
L. Buoni maestri, per mia fortuna, ne ho avuti tanti, sceglierne solo qualcuno sarebbe ingiusto. La lista è lunghissima e direi che parte dalla mia famiglia, a cui so di dovere moltissimo, per arrivare a qualsiasi persona che mi abbia trasmesso la sua passione, che mi abbia fatto venire la curiosità e la voglia di approfondire un interesse. Penso a Marco Paolini, che mi ha fatto amare le infinite possibilità del mio mestiere, oltre a mostrarmi modi meravigliosi di affrontarlo; a tanti illustri “colleghi” che ho ascoltato fino allo sfinimento, nel tentativo di capirne la magia; agli amici che hanno condiviso con me la loro arte. I cattivi maestri sono sicuramente altrettanti, ma non ne parlo perché io la pubblicità gratis non la faccio a nessuno, figuriamoci agli imbecilli.

D. oltre all'Inter, cosa ti delude quotidianamente?
L. Davide Vedovelli

D. l'ultima domanda falla tu a me.

L. Perché un giovanotto come te si dedica alla musica d’autore? Non faresti meglio ad impasticcarti come tutti i tuoi coetanei e sbagliare con allegria qualsiasi incauto congiuntivo?

D. Sai che a volte me lo chiedo pure io? Forse perchè ho trovato e trovo tante risposte e altrettante domande che credo sia giusto farsi. Perchè certe volte una canzone riesce a scavarti dentro e dire esattamente ciò che provi con le parole che non riesci a trovare. Perchè la musica d'autore mi ha fatto incontrare persone speciali con cui ho condiviso alcuni tra i più bei giorni della mia vita. Perchè ti fa pensare, perchè perdi giorni a capire il significato di una frase di De Gregori o ci metti trenta secondi a piangere per una canzone di Ivan Graziani. Perchè “..quando parla Gaber...” mi viene la pelle d'oca. Perchè quando ascolto “La moglie brontolona” vorrei averla scritta io.

Grazie per questa intervista e per tutto il resto. Ora aspetto il tuo disco. Un abbraccio.