Una piccola lezione sui lapsus
di Erregi

Quante volte ci succede, senza averne l’intenzione né la consapevolezza, di commettere atti senza che, apparentemente, ce ne sia la volontà? Uno degli esempi più classici di lapsus è quello linguistico, che avviene quando invece che pronunciare una parola, ne pronunciamo un’altra. Ecco perché succede

In latino, il termine “lapsus” significa “scivolone”, ovvero un errore non intensionale che commettiamo quando l’azione mentale che vorremmo compiere non trova corrispondenza nella realizzazione motoria. Esempi abituali di questa momentanea disfunzione sono  i vuoti di memoria (il cosiddetto “ce l’ho sulla punta della lingua ma non mi viene”) o gli errori linguistici.

Le caratteristiche tipiche del fenomeno del lapsus sono il suo manifestarsi in maniera improvvisa e puntuale, infatti tendiamo a dimenticare o confondere sempre certe specifiche parole. Anche se avvertiamo il fenomeno come qualcosa di completamente casuale, certe correnti di psicologia, in particolare la psicanalisi, affermano che i lapsus sono solo apparentemente accidentali.

Secondo la teoria psicanalitica, infatti, i lapsus rientrano nella più vasta categoria degli atti mancati, ovvero quelle azioni che, a livello inconscio, vogliamo davvero compiere, anche se crediamo si tratti semplicemente di errori di distrazione.

Secondo Freud, uno dei padri della psicanalisi, gli atti mancati sono la vera e diretta espressione dei desideri del nostro io più profondo, che si manifesta involontariamente quando la sorveglianza del raziocinio e della coscienza è più bassa e lascia spazio ad espressioni e pensieri che, altrimenti, verrebbero censurati dalla moralità o dalla ragionevolezza.

Il termine “lapsus freudiano” prende il nome dal suo primo teorizzatore, Sigmund Freud, che lo descrisse per la prima volta nel saggio “Psicopatologia della vita quotidiana”, del 1901. Secondo questo saggio, i lapsus e, in generale, tutti i messaggi inviati a livello inconscio, esprimano, in realtà significati sessuali, anche se quasi mai evidenti.  

I lapsus, infine, possono essere di diversi tipi: il lapsus linguae (ovvero linguistico) avviene quando pronunciamo una parola diversa da quella che, in realtà, pensavamo di voler pronunciare. Il lapsus calami è invece lo stesso errore, ma trasferito alla lingua scritta.

Il lapsus memoriae si verifica quando dimentichiamo momentaneamente un termine, anche di uso comune, senza riuscire, almeno per un po’ a farcelo tornare alla mente, se non con l’aiuto di un interlocutore. Questo fenomeno è ben descritto dall’espressione idiomatica italiana “ce l’ho sulla punta della lingua” che esprime perfettamente la sensazione di avere quella specifica parola bloccata tra cervello e bocca, e di non poterla, quindi, pronunciare.

Infine il lapsus manus, meno frequente degli altri, ma comunque usuale, che si manifesta quando cerchiamo di compiere un gesto con la mano, ma ce ne viene uno diverso. Nulla di preoccupante se vi è successo spesso di incappare in ognuno di questi piccoli “scivoloni”, perché succede praticamente a tutti e, secondo Freud, infondo, non è nemmeno colpa nostra, dato che l’inconscio è, per definizione, al di là del controllo della nostra coscienza.