Giuseppe Pirlo, il più «grande» degli armaioli
di Erregi

Ha raggiunto il traguardo dei 90 anni l’armaiolo più anziano d’Italia, che ancora oggi non rinuncia a lavorare nella sua Armeria San Giorgio, dove è ancora all’opera insieme al fratello Piero

Classe 1922, Giuseppe Pirlo, che ha compiuto ieri 90 anni, è il perfetto esempio dell’uomo d’altri tempi, che nella sua attività, che ancora svolge incessantemente nella sua officina in vicolo Bolognini, fondata nel 1953, mette la passione dell’artista e non riesce a stare a riposo nemmeno la domenica.

Grande artigiano, stimato dai molti colleghi valligiani e non, oggi, Giuseppe Pirlo si occupa specialmente di riparazioni e produce pochi fucili all’anno, ricordando i bei vecchi tempi, in cui tutto il lavoro veniva svolto a mano, più lentamente, perché non si viveva con la fretta e la frenesia di oggi, e la dote della manualità era davvero apprezzata.

Se le pareti della sua bottega artigiana potessero parlare, racconterebbero anche le storie dei molti clienti ed amici che ancora continuano a rivolgersi a Giuseppe per una riparazione “old style”, che evidenzi i particolari di un lavoro fatto a mano, minuziosamente e con passione, fattore ancora importantissimo per molti, anche a costo di aspettare più tempo.

Ma, soprattutto, quelle pareti, parlerebbero anche di clienti di un certo calibro, come il generale William Childs  Westmoreland, comandante delle forze armate americane che, tra le altre cose, condusse le truppe nella Guerra del Vietnam.   

Una vita intensa, la sua, che inizia a Inzino di Gardone VT, e prende forma con le prime esperienze da armaiolo, già ai tempi delle scuole professionali, quando passava i doposcuola ad ammirare i lavori di un altro armaiolo, suo primo maestro, Emanuele Gardoncini . All’età di 16 anni comincia a lavorare alla Beretta e, in seguito, all’Arsenale dell’Esercito Italiano.

Ma scoppia la guerra e Giuseppe, da Alpino, vi partecipa come radiotelegrafista insieme al suo battaglione, il “Vestone”, vive gli orrori della Russia ma si salva, passando però nelle mani dei tedeschi che lo fanno prigioniero e lo rinchiudono in un campo di concentramento al quale, ancora, sopravvive, per tornare a Gardone, a piedi, dove ancora conserva la sua Croce al Merito, guadagnatasi nella campagna del Don.

Nel 1950 si sposa con Rosa Tanghetti, con la quale ha trascorso 60 anni della sua vita, prima della scomparsa, nel febbraio dello scorso anno, e dalla quale ha avuto quattro figli: Giorgio, Adolfo, Cristina e Donatello, una famiglia che, senz’altro, lo avrà festeggiato con calore, e, magari, per un giorno, gli avranno “proibito” di lavorare.   

Fonti “Giornale di Brescia” e “Bresciaoggi”, fotografia “Bresciaoggi”