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01 Giugno 2015, 07.51
Valtrompia
Filosofia

Il pensiero, di Emanuele Severino

di Dru
Quando si pensa al pensiero, e agli elementi che lo compongono, molti guardano alla loro testa e se della propria testa non ci si fida, allora ci si affida a quella di chi ha più popolarità in quello specifico campo, il pensiero ed il suo studio appunto

Anche io ho fatto lo stesso percorso in questo campo, anche io, come un buon ricercatore, ho guardato alle mie strutture di pensiero, ho guardato agli elementi che le costituivano e poi mi sono affidato (e fidato) ad uno dei più grandi e più famosi filosofi del nostro tempo: Emanuele Severino.

Non amo le biografie né di quelli che le fanno agli altri né di quelle fatte personalmente, di Severino ancora oggi so poco in fatto di gossip, ma ho letto molti suoi libri che hanno la fama di esser poco letti ma molto studiati, famosi e complessi in quanto teoria e in quanto filosofia.
Fin dai primi passi ho intuito la grandezza di pensiero che stavo incontrando e affrontando, ma fin dai primi passi ho anche subito incontrato le enormi (per me ma credo per tutti) difficoltà di comprensione.

Leggere Emanule Severino è impossibile, Emanuele Severino va studiato.

Studiare Emanuele Severino non sempre è possibile, Emanuele  Severino va compreso.

Leggere Severino è impossibile per la sua sintassi complessa e sempre al servizio della logica e della ragione, non è un semplice accademico è un accademico complicatissimo, non ha la comprensione dei dialoghi di Platone, ma piuttosto il carattere esoterico (=solo per la scuola) degli scritti  di Aristotele.

Studiare Severino è possibile, ma non è mai facile, perché la terminologia filosofica a cui si affida, e affida il pensiero, è stravolta dalla originarietà dello stesso.
Ma guardiamo al pensiero che tradurrò per voi negli elementi più elementari possibile.

Il pensiero occidentale, il pensiero di tutti noi, anche quando non lo sa, e per lo più non lo sa, fonda ogni suo elemento sul a priori dell'esser altro da sé di ogni cosa.

L'a priori dell'essere che non è, o è altro da sé, cosa cavolo vorrà significare?
Che sia a priori significa: la natura delle cose non è data dall'esperienza (dalla presenza del mondo) ma dalla logica o ragione.

È pur vero che il dato o fenomeno mostra di mutare, ma che questo mutare, o divenire, o non essere non appare è dedotto, perché per divenire o differenziarsi bisogna presupporre di non essere ciò che si è originariamente.
Differenziarsi significa propriamente non essere ciò che si è, significa essere l'altro da sé, altrimenti non ci si differenzierebbe, capirlo intuitivamente non è nemmeno molto difficile, ma l'uomo della strada comunemente crede che questo differenziarsi sia solo il mutare o il divenire, senza per altro capire veramente di cosa si tratti.

Oggi io non sono quello di ieri,
quello di ieri non è più quello che sono e quello di domani sarà appunto diverso da quanto sono oggi.
Quello di ieri non è più, quello di oggi non è quello che era e non è quello che sarà e quello che sarà domani non è.
Ogni nostra conoscenza, (ripeto) anche se non ne siamo coscienti, è questa struttura che la "fa" una cosa, ( anche Dio è una cosa e una cosa è il mercato europeo e ogni altro essente).

Tutto è quello che è, determinazione, tranne tutto quello che non è, sua negazione (principio di identità/opposizione): ogni cosa, ogni essere, ogni ente, quindi essente, quello che è quando è stato non lo è più e quando lo sarà non è quello che è.

L'essere non riesce mai ad esser se stesso, ma è sempre l'altro da sé, anche "quando" ad intervenire vi siano forze più o meno potenti a trattenerlo in quello che è o ad anticiparne la dipartita da quello stesso suo precario  essere (fermati istante, dice un famoso poeta), quelle forze come possono essere appunto il principio d'identità che fonda ogni scientificità o Dio stesso.

Questa deduzione è l'a priori o struttura logica mentale di ogni cosa in noi, ma anche fuori di noi.
Tutta la filosofia di Emanuele Severino consta nel rilevare questa struttura, nel demolirla proprio attraverso gli stessi strumenti che l'hanno fondata e nel ritenere l'esser se stesso di ogni ente indipendentemente da ogni forza o fede in una forza.

L'Occidente col suo pensiero intuisce dove stia la verità, la verità sta nell'essere immutabile e incontrovertibile di ogni cosa, essente che è magnificamente detto da "l'essere è" di Parmenide.
Poi questa altezza viene subito offuscata dalla storia e dal suo tempo.
La filosofia non riesce a restare sui livelli della sua origine.
Origine che costituisce quegli elementi del a priori così magnificamente dedotti  per "forza" (l'intervento della forza appunto) da Kant in quanto fondati  sulle ceneri dell'intera storia della filosofia.

Così altrettanto magnificamente ri-stabili-ti da questo immenso filosofo bresciano dal nome severo, come severa sa essere  tutta la filosofia.

Così magistralmente rivisitati, per non essere più disponibili ad un uso che li estranei dal loro essere gli elementi che sanno avere  il sapore del "Destino della Necessità".

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